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Recensione: Lezione 21

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Lezione 21
titolo originale Lezione 21
nazione Italia
anno 2007
regia Alessandro Baricco
genere Drammatico
durata 92 min.
distribuzione 01 Distribution
cast N. Taylor (Peters) • C. Russell (Hoffmeister) • L. Watling (Marta) • J. Hurt (Mondrian Kilroy) • T. Barlow (Simrock) • N. Tena (Tomson)
sceneggiatura A. Baricco
musiche M. Brunello
fotografia G. Gossi
montaggio G. Franchini
uscita nelle sale 17 Ottobre 2008
media voti redazione
Lezione 21 Trama del film
Come nacque la Nona sinfonia, e cosa successe la sera che per la prima volta Beethoven la presentò al pubblico viennese? Lo racconta il geniale professor Mondrian Kilroy, in una lezione indimenticabile che diventa viaggio fantastico nel passato e riflessione sapiente sulla vecchiaia, sull'amore e sulla bellezza.
Recensione “Lezione 21”
a cura di Vera Usai  (voto: 6)
E’ passato un anno da quando Alessandro Baricco ha lavorato alla stesura di “Silk” – affiancando il regista François Girard, e presentando la pellicola in occasione della scorsa Festa del Cinema di Roma – ed eccolo già al suo debutto come regista, “un mestiere” dichiara “che è somma di molti mestieri parziali: un lavoro faticoso ma in modo sano”. La “Lezione 21” del titolo è quella di un anziano professore universitario (reso in italiano dall’intonazione, a tratti volutamente teatrale, di Ugo Pagliai) che racconta “in maniera nuova” ai suoi studenti la Nona di Beethoven. “Musica vecchia” la definisce l’insegnante/Baricco, quasi come fosse ripreso in una delle sue lezioni musical/letterarie e ben deciso a stravolgere e ripresentare dl principio la qualità artistica della famosa Sinfonia che Bethoveen presentò al mondo la sera del 7 marzo del 1824, isolato nel silenzio della sua malattia. A questo racconto “in aula” ne fa intrecciare altri, che hanno caratteristiche spazio temporali differenti con personaggi bizzarri e fantasiosi (simili a quel “circo di Barnum” che raccontava in passato), ognuno con le proprie caratteristiche ben definite, che richiamano a volte quelli che camminavano nelle pagine dei suoi libri. Proprio per questo “è un film molto libero, che non si cura di quella narrativa che lo fa essere cinematografico” e, come lo descrive lo stesso Baricco, “può avere tutto il fascino delle cose differenti e in quanto tale può risultare anche spigoloso perché sembra parlare un’altra lingua”, macchiato a sprazzi da un umorismo tipicamente british, che richiama gag da cinema muto.
Racconto e saggio musicale, immagine cinematografica e scena teatrale, sono tra le tecniche narrative di cui si serve il neo regista, già alle prese con una ricerca di eleganza e di stile che risultano a volte anche eccessivi e noiosi, ma forse per questo particolarmente personali.
Si genera così, dietro il tono da favola, un linguaggio che osa, ma potrebbe produrre un effetto non sempre positivo, delimitandosi da solo una spaccatura di pubblico destinato a dividersi tra chi non potrà fare a meno che adorare il nuovo Baricco e chi lo troverà assolutamente “fuori posto”.
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