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Salvatore, Annamaria, Alfonso e Riccardo, quarantenni di estrazione sociale borghese, tutti originari di Napoli ma residenti altrove per motivi di lavoro, ritornano in città per il funerale del loro caro amico Antonio. Dopo la veglia funebre, decidono di cenare insieme. Da questo momento i quattro iniziano a raccontarsi e così prende il via il viaggio tra i ricordi, le esperienze condivise, i bilanci della vita di ognuno di loro, che durerà per l’intera notte. Nonostante fossero molto affiatati durante il periodo universitario, si sono persi di vista una volta trasferitisi. |
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Toni D’Angelo, figlio del noto attore-cantautore Nino D’Angelo, ha al suo attivo alcuni cortometraggi e principalmente una collaborazione come aiuto regista con Abel Ferrara. Proponendo un film su Napoli come “Una notte” e affidando per giunta il ruolo-chiave a suo padre, c’era il forte rischio di autorelegarsi ad autore spiccatamente “locale”. Il dubbio effettivamente permane anche dopo la visione del film, tuttavia la Napoli mostrata dal regista assorbe solo parzialmente la storia dei quattro protagonisti, tutti emigrati dalla malinconica città ma riuniti per una notte dalla morte improvvisa di un loro amico. L’attenzione sembra infatti essere posta più sul sentimento napoletano che non sul contesto cittadino. A supportare questa tesi ci pensa il solito Nino D’Angelo, nella parte di un tassista che di «Caronte moderno» ha ben poco e che, oltre a impersonare l’animo napoletano, sembra dispensare semplici consigli a tratti supponenti a tratti noiosi.
Da un punto di vista tecnico, il film è visibilmente indipendente, purtroppo solamente nei mezzi. Quello che manca, infatti, è quell’anima ruggente che dovrebbe contraddistinguere gli esordi registici, in particolar modo in casi come quello di Toni D’Angelo, figlio d’arte e soprattutto under30.
Gli attori, per quanto saggiamente associati ai personaggi, faticano a tirare fuori sempre il massimo (il migliore è probabilmente Luigi Iacuzio, già visto in “Pater familias”) e sembrano in alcuni casi eccessivamente caricati, in altri un po’ dimenticati o incostanti. La sceneggiatura, che appare poco sviluppata rispetto a un’idea di partenza sostanzialmente onesta, è probabilmente l’elemento più debole del lungometraggio. Mancano tocchi di originalità e il lavoro sui personaggi, anche se presente, risulta insufficiente.
Registicamente ci si poteva aspettare di più e per un film di questo tipo D’Angelo avrebbe dovuto puntare su una direzione più invisibile. Il montaggio ad ogni modo non è banale e la colonna sonora è adeguata, ma il 5 è d’incoraggiamento. |