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Zatoichi è un vagabondo cieco, che si guadagna da vivere col gioco d'azzardo e con i massaggi. Ma Zatoichi è anche un maestro della spada, capace di colpi imprevisti e stoccate di infinita precisione. Giunto in una città governata da spietati clan, Zatoichi dovrà confrontarsi con due misteriose geishe che vendicano la morte dei propri genitori. |
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Takeshi Kitano dirige, Beat Takeshi recita, portando sulla scena una pellicola di kurosaviana memoria, d'ambientazione storica e di samurai; dove le spade si nascondono dentro bastoni di bambù laccati di rosso e la cecità infonde grazia ed ironia. In questo "teatro nipponico" dai risvolti decisamente pirandelliani, nessuno è ciò che sembra e soltanto la resa dei conti finale svelerà la verità.
È il cinema come meccanismo ad esplodere fantasmagoricamente in questo film: il cinema come meccanismo sensoriale che sollecita la vista e l’udito a compiere evoluzioni irreali e, allo stesso tempo, straordinariamente legate alla terra.
Il samurai di Kitano riesce a fare della finzione, della virtualità che lo costituisce, un mezzo per attualizzare le immagini, proiettarle contemporaneamente dentro e fuori dal tempo.
I movimenti ritmici dei personaggi entrano in armonia con la musica che accompagna la scena; sono parte integrante della colonna sonora, con la stessa intensità, con la stessa importanza.
Il suono si fonde dolcemente pur proveniendo contemporanemente dal fuori campo e dall’interno della scena, e Zatoichi, il ronin cieco, sembra "attraversare" lentamente le danze disseminate ai margini (apparenti) della narrazione.
È lo spazio della finzione dunque ad emergere con tutta la sua forza.
Il colore e gli sguardi rivolti in macchina, brillano nel film come tracce indelebili. Le ferite sanguinanti "irrompono" violente; quello di cui si sta parlando, ciò che ci viene mostrato, è qualcosa che ci riguarda e ci riguarda ora: uccidendo l’ultimo dei cattivi, Zatoichi apre gli occhi stupendo l’altro: "Perchè fai finta di essere cieco?". "Perchè i ciechi sentono meglio".
Un sentire come approccio ad un nuovo modo, attuale, di fare e vedere cinema che permette di penetrare più a fondo e più intensamente; anche perché, come dice l’ultima battuta del film: "Anche con gli occhi aperti non riesco a vedere niente!".
Un'opera distante dal precedente "Dolls", ma sorprendentemente in continua mutazione.
Leone d'Argento a Venezia 2003. |
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Commenti del pubblico |
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News sul film “Zatoichi” |
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