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Recensione: Bright Future

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Bright Future
titolo originale Akarui mirai
nazione Giappone
anno 2002
regia Kiyoshi Kurosawa
genere Drammatico
durata 94 min.
distribuzione n.d.
cast J. Odagiri (Yuji) • T. Asano (Mamoru) • T. Fuji (Shinichiro) • T. Sasano
sceneggiatura K. Kurosawa
fotografia T. Shibanushi
montaggio K. Kurosawa
media voti redazione
Bright Future Trama del film
Due ragazzi, Yuji e Mamoru, lavorano in una lavanderia industriale e condividono lo stesso appartamento. Quando non lavora, il taciturno Mamarou passa il tempo a contemplare nell'acquario la sua medusa velenosa, mentre Yuji continua a comportarsi da eterno adolescente. Il loro datore di lavoro, un uomo dominato dalla moglie e dalla figlia, spera di rifarsi una vita frequentando i due che lo accettano senza particolare entusiasmo. Ma la disperazione dell'uomo e la mediocrità della sua famiglia colpiscono profondamente Mamoru che decide di porre rimedio alla situazione nell'unico modo secondo lui possibile.
Recensione “Bright Future”
a cura di Andrea Olivieri  (voto: 7)
"Onde di riflusso."

Atmosfere e personaggi "più vicini", infiniti e paralleli rimandi: la medusa è una nuova versione del motore immobile e vuoto attorno al quale ruotano tutte le storie. Come la "presenza" dell’animale marino che riesce a sopravvivere nei corsi d’acqua di Tokyo, Minoru cerca di adattarsi ad un ambiente familiare al quale non appartiene, trovando un genitore nel padre dell’amico.
In un universo invaso dai rottami e popolato da esseri "velenosi", il "futuro luminoso" del titolo è luminoso in quanto aperto, libero, non definito o prestabilito dalle regole sociali.
Con un montaggio iniziale straniante e un digitale sfruttato in tutta la sua "sporcizia" visiva e sonora, "Bright Future" si definisce anche come ideale incipit del "risveglio" da parte del personaggio: fotografo di una città inospitale, quasi livida nei suoi panorami metropolitani che schiaffeggiano i rari scorci di natura rimasti, appoggiato spesso in interni che vanno dal grigio impersonale al buio parzialmente illuminato, Minoru combatte la sua personale battaglia per raggiungere un senso altrimenti perduto, in cui l’unica "alternativa" è quella della sfida impossibile.
Dentro il rosso fuoco della medusa, nella sopravvivenza del suo "colore" fatto di acqua "pura", si trova il centro del film: la dimostrazione che all’interno di quell’universo che sembrava vuoto e privo di ogni interesse, esiste ancora qualcosa di bello in grado di pulsare nonostante tutte le regole conosciute.
La soluzione si trova, quindi, nella bellezza; scoprire la magia di un branco di meduse rosse che infesta Tokio, è l’"eccezione" in grado di rivalutare quel "resto" inconsciamente ignorato.
Presentato in concorso a Cannes 2003.
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