Alla 58 Berlinale, sezione Panorama, un film che scelto in rappresentanza del nostro cinema, sembra tutt’altro che italiano. “Corazones de Mujer”, esperimento a metà tra documentario realistico e lungometraggio di finzione, è ispirato ad una presunta storia vera: quella di un sarto travestito di origini marocchine che vive a Torino e una promessa sposa araba che ha perso la verginità prima delle nozze che la uniranno ad un uomo che quasi non conosce, scelto dalla sua famiglia, come da tradizione.
Con toni favolistici, a volte onirici altri più realistici, i due attori protagonisti Aziz Ahmeri e Ghizlane Waldi (alla prima apparizione davanti alla macchina da presa) sono chiamati a farsi carico di tematiche forti come l’omosessualità, il confronto con il diverso, la perdita della verginità nella cultura araba, il viaggio come salvezza ma anche conoscenza di se stessi, non riuscendo però, probabilmente per la leggerezza con cui sono intenzionalmente costruiti i dialoghi e le scene, ad approfondirli fino in fondo. I due giovani registi italiani, Sordella e Benedetti - che si “eclissano” dietro un nome d’arte arabeggiante (che indica il collettivo di tutte le persone che con dedizione hanno lavorato al film) - in passato discepoli di Mike Leigh alla London International Film School, lavorano insieme dietro la macchina da presa a dirigere sequenze di immagini che, anche se ad alcuni richiameranno alla mente fotogrammi neorealistici e un passato cinema sociale, caratterizzano solo più poeticamente quello che è un road movie coraggioso che sfrutta parecchie, più o meno ricercate, citazioni. L’intenzioni di base però sono tutte da premiare anche perché, nonostante le difficoltà del mercato del cinema, i K. Kosoof italiani sono convinti di voler mostrare la pellicola ad un pubblico il più ampio possibile e questo non fa che onorare tutta quella distribuzione “myself” che ha caratterizzato gli ultimi prodotti in celluloide. |