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Tratto dal romanzo omonimo di Massimo Carlotto. Jimmy ha quasi diciotto anni e non ha ancora ben chiaro come sarà il suo futuro. Nato in una famiglia di operai, è cresciuto nella cittadina industriale di Sarroch, in Sardegna, ma non è certo un lavoro in fabbrica quello che vuole dalla vita. A causa del suo temperamento ribelle finisce in un carcere minorile dove è costretto ad affrontare angosce e violenze, ma dove, nel corso di una lunga notte, cercherà riscatto tentando allo stesso tempo di sfuggire alla propria tendenza verso l'autodistruzione. |
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Una storia come tante altre, quella di Jimmy, incastrata nell’amara realtà di una Sardegna aspra e difficile, come la solitudine di un ragazzo che si guarda nello specchio e contempla un vuoto incolmabile.
Silenziosamente, osserviamo lo stanco trascinarsi dei giorni di una persona che potrebbe essere chiunque, dal nostro vicino di casa a un amico: l’infelicità di vivere riempie ormai costantemente il panorama del cinema di oggi, riflettendo una delusione che, chi più chi meno, pervade tutti noi in questa triste contemporaneità. Questo nuovo realismo italiano lascia da parte qualsiasi intenzione di drammatizzazione, inseguendo il solo scopo di mostrare una società semplicemente brutta, che non offre né ideali né speranze.
In questo caso c’è da notare come addirittura non ci sia da parte del regista la volontà di indagare, sociologicamente o psicologicamente, il contesto in cui prende forma il dramma di Jimmy: la sua ribellione e le sue utopie non vengono spiegate o analizzate, bensì evocate. L’austera disperazione del protagonista si evince da ciò che lo circonda, si intuisce guardando le immagini di una triste fabbrica dove il padre vorrebbe che lavorasse o la desolazione del carcere, dove finisce per aver tentato una rapina balorda. La scelta di Pau, che punta a un linguaggio scarno e non mediato, alla fine risulta però sbagliata, perché lentamente si perde l’interesse verso il protagonista e ci si allontana da lui, lasciandolo “solo” in una narrazione che diventa sempre più cronaca. Manca volutamente il colpo ad effetto, ma purtroppo anche uno spunto di riflessione importante o un dialogo ben costruito: i due attori - Nicola Adamo e Valentina Carnelutti - sono bravi, ma non riescono a rendere accattivante una sceneggiatura che pur non scadendo nel superficiale, con temibili derive moralizzanti o buoniste, è decisamente troppo fredda e quasi noiosa. |
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