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I morti viventi hanno invaso il mondo. I pochi esseri umani sopravvissuti si sono rifugiati in una città fortificata dove i ricchi abitano in alti grattacieli difesi e sigillati, mentre i più poveri combattono per la sopravvivenza nelle strade, protetti solo da un enorme carro armato in grado di intercettare e distruggere gli zombies, che nel frattempo si stanno organizzando in un pericoloso esercito... |
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"Rivoluzione, stravolgimento, capacità sostanziale e non solo formale…"
Camminano. Guardano. Ricordano. Pensano. Agiscono. Malinconicamente e a fatica.
George A. Romero non può che ripartire da qui, da questa fiammella di speranza che si anima invisibile: una coscienza di appartenenza alla classe. Quella umana
Sa che c’è sempre un’"immagine-zero" che ci tiene imprigionati come davanti ai fuochi pirotecnici che immobilizzano con gli occhi all’insù gli zombi minacciosi. Come se i morti viventi fossero operai all’uscita della fabbrica (delle immagini) che avanzano lentamente, inesorabilmente, senza poter mai veramente uscire dal campo.
Se "La terra dei morti viventi" non possiede nulla di innovativo (rispetto ai precedenti capitoli della saga) sul piano visuale, ha comunque il merito di interrogarsi sulla possibilità di una via di uscita da questo incubo. Riuscendo a travestire la retorica con gli indumenti dell’horror, Romero sembra come appagato dal girare stesso e immerge lo scenario del quarto capitolo in una notte carpenteriana, che avvolge la Terra e si beffa della moltitudine di morti che camminano cadenzati (le movenze scattose degli ultimi zombi-movies, Danny Boyle in primis); cloni isterici e vuoti, ma che gli hanno dato in fondo la possibilità di tornare al centro della pista, nel cuore di Hollywood. E non è un caso se si è evitato il ricorso ad effetti digitali e ci si soffermi tanto nella descrizione degli zombi, studiandone reazioni e motivazioni come a voler creare un "apprendimento", una minima capacità di saper collegare causa ed effetto.
Insomma, con una regia all'altezza e una passione autentica, Romero si riappropria orgogliosamente di quella dimensione metaforica, sotterranea ed efficace, mostrandoci un'umanità devastata nei valori e che deve a tutti i costi ricominciare da capo, anche una volta usciti dalla sala di proiezione. |
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Benché' La terra non e' in grado di eguagliare Zombi, La notte o Il giorno dei morti viventi, rimane il miglior zombie-movie degli anni duemila, con personaggi, trama e dialoghi scontati e poco incisivi ma originale nelle singole invenzioni, come la crescente intuizione dei morti viventi a ribellarsi verso i vivi (da segnalare la potente scena in cui emergono dalle acque), la citta' recintata e all'apparenza sicura, la fotografia notturna, la consueta ironia del regista nel rappresentare gli umani come i veri "mostri" e i favolosi quanto violenti effetti speciali di Berger e Nicotero. Per gli appassionati del genere e' degno di nota, per chi e' abituato agli horror tutti effetti digitali e' un tassello di un genere da riscoprire.
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una nuova opera di romero e un nuovo successo, la classe non è acqua e ancora una volta il colpo va a segno regalandoci una piccola (grande) rivoluzione negli zombie movies
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