Gli Alien e i Predator, le due razze più letali dell’universo a contatto, confinate nella sottotraccia di un action-movie smarrito nella 'provocazione' della profondità narrativa. Crepuscolo degli dei, la manipolazione genetico-sonora immersa in una dimensione 'evolutiva', che infrange sfumati rumorismi d’assalto e 'registrazioni' tecnologiche, fallendo però su tutta la linea: accumulare stereotipi (ridondanti) esaltando ora la componente gotica, ora quella futurista e apocalittica, a tinte decadenti e ossessive, senza avere l'indole per riuscire credibile; giostrare liberamente attraverso la materia filmica: generalizzazione superficiale e spietata - convenzionale e ammiccante, dove il senso di 'déjà vu' (horror industrial) diventa quasi insopportabile, e l’ennesimo rifugio è un’auto-celebrazione punk 'arrangiata' senza riuscire a centrare alcun bersaglio. La sopravvivenza è il futuro imperfetto: avvoltoio 'fuori posto' sulle macerie abbandonate. Spietato come da costume, perchè il 'gioco' (filmico) - indagato in tutte le sue parti: dalla sua creazione, alla sua storia, gli episodi, le trame, i personaggi, la simbologia, i luoghi, i cliché horror, l’uso delle inquadrature, la musica, riflettono il buio nel ventre dello spazio (vuoto); i nuovi incubi così scuri da riuscire a vedere attraverso sono l’enciclopedia riassuntiva (il testo visuale) delle ispirazioni aliene e radiazioni cosmiche (modaiole) abitate da ludiche crisi esistenziali e 'mostruosi' plot rivoluzionari, appagati dall’assedio (ordinato) della totale mancanza di originalità cinematografica. Ciò che colpisce negativamente è la mancanza totale di un segmento ideale di 'suspense pura' all’interno del secondo episodio di "Alien vs. Predator". La percezione sensoriale 'globalizzata' è l’attimo 'catalizzatore' e l’amplificazione ritmica di un horror fantascientifico dispersivo e pretenzioso; la pesantezza di una pellicola dove tutto è già visto. |