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Ispirato al romanzo 'Il disco del mondo - Vita breve di Luca Flores' di Walter Veltroni.
Il film "Piano, solo" racconta non solo la parabola professionale, ma anche gli amori, e poi i turbamenti, di Luca Flores, un giovane uomo e un geniale musicista italiano che non riesce a venire a patti con i fantasmi del passato, fino alla tragica esplosione della follia. Una vita, la sua, narrata attraverso la grazia del talento e la dannazione della malattia, dai momenti più solari a quelli più cupi, dalla compagnia degli amici alla solitudine disperante dell'autolesionismo. Per dire che ciò che alla fine sopravvive di una vita speciale, così come delle vite ordinarie di noi tutti, è ciò che siamo capaci di lasciare agli altri. Nel caso di Luca Flores, alcuni pezzi straordinari, delle mani prodigiose, un sorriso inerme. |
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Piano e mai canonico, elegante e avvolgente come un’ombra; Solo, come chi dalla vita ha troppo e paga per una colpa non sua. Il limite tra genio e uomo tra malattia e normalità, fragile e quasi invisibile per alcuni, forse pochi e sicuramente predestinati.
Luca è solo fin da bambino e il pianoforte diventa un legame ancestrale non gioioso ma già insano o meglio doloroso dal suo stesso inizio.
Poi la vita, tra giorni normali e giorni migliori, dove speri di sottovalutare ogni problema come fanno gli altri, come succede attorno a Luca, ma nessuno può scagliare la prima pietra…la follia non è prevedibile e non è mai prevista, è scomoda questo sì; impossibile da sostenere quando arriva, siamo solo altri uomini e anche volendo non riusciamo ad andare oltre, è la nostra umana impossibilità.
Firenze, il Jazz, l’Africa, la morte casuale ma mai così tanto significante e tragica della madre, si muovono attorno e dentro Luca, sono le sue interpretazioni a volte spettrali, la sua vista quotidiana e purtroppo mai infantile; in lui la musica sostituisce le parole, eliminando tutti i difetti interpretativi che queste portano. La melodia, il ritmo entrano dentro senza dubbi e, sue rare parole, “sono capaci di trascinarti all’inferno e un secondo dopo farti trovare in paradiso...A me piacciono tutti quei musicisti che suonano una nota sempre come se fosse l’ultima…”
I meriti di un film che riesce a toccare corde tanto profonde, anche dove forse non c’era pretesa, vanno sicuramente divisi. C’è un romanzo/biografia bellissimo di Walter Veltroni, omaggio lucido e commosso a Luca Flores e alla sua storia Jazz; la regia di Riccardo Milani, spesso intensa e sempre elegante che riesce a far emergere ogni piccolo dettaglio curando perfettamente le sfumature; e c’è Kim Rossi Stuart che non interpreta più ma incarna, commuove e da brividi trasformando Luca in una parte di se, rendendo credibili anche le scene più ardue di pianoforte ed ogni minima espressione del suo volto, in un ruolo che ne offre molti possibili lui li coglie tutti e soprattutto rende l’immagine di Luca Flores per quello che realmente è stato, un uomo dal profondo dolore e dal profondo genio, a conferma che dannazione ed esaltazione vanno spesso nella stessa direzione…almeno nell’arte.
Da sottolineare anche che attorno a Kim ruotano benissimo Jasmine Trinca, ancora innamorata dopo “Romanzo Criminale”; Michele Placido, un padre assente, Sandra Ceccarelli, una madre scomparsa, e Paola Cortellesi, una sorella amorevole.
Un dipinto commosso sulla tragica parabola di Luca Flores, morto suicida nel 1995 e vivo oggi in questo film come nella sua splendida ultima musica…“How far can you fly”.
Dove forse se avesse davvero potuto volare non sarebbe caduto dentro nessuna umana follia. |
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Commenti del pubblico |
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