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E’ la storia di Traude un’insegnante ottantenne che in un carcere femminile insegna a suonare il pianoforte a ladre, truffatrici e assassine. Tra le allieve scopre che la ventunenne Jenny, condannata per omicidio e ritenuta estremamente pericolosa, è stata una bambina prodigio che si esibiva in grandi sale da concerto. Una volta raggiunta l’adolescenza, la sua vita è andata a rotoli, si è ritrovata per strada, nelle fogne e ha troncato i rapporti con i genitori adottivi... |
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“Un carcere. Due donne. Tre esami. Quattro minuti, per suonare finalmente la musica della propria anima”. Questo il riassunto in breve del secondo lavoro di Chris Kraus. A cinque anni di distanza da “Scherbentanz”, che segnò il suo debutto sul grande schermo, il regista tedesco torna nelle sale con un dramma elevato e corposo, tutt’altro che scontato.
La trama, firmata Chris Kraus, si snoda con andirivieni temporali che svelano il passato delle due protagoniste: assolutamente superbe nella loro interpretazione. Una nei panni della nostalgica ottantenne Traude Krüger (Monica Bleibtreu), insegnante di piano con gli occhi e il cuore al periodo della Germania nazista; l’altra in quelli di Jenny von Loeben (Hannah Herzsprung), giovane detenuta dal talento nascosto e dall’aggressività meno celata, amante della “musica negra”: l’unica con la quale riesce a dar voce alla sua anima.
Tutto è dosato con maestria: le riprese, le simbologie affidate agli insetti, la musica che con le note dei tasti accompagna e dirige l’intera pellicola: tutto, tranne le reazioni dei personaggi, che scaturiscono in maniera naturale, con violenza o con dolcezza, da farci dimenticare di essere di fronte a un film. Il rapporto tra le due donne è il centro della narrazione, cresce piano, senza abbracci, con ostilità all’inizio e poi con stima reciproca; poche le azioni e tanti gli sguardi, profondamente carichi di significato... una relazione sempre precaria, tesa sul filo sottile di una femminilità che porta sul corpo e nel corpo cicatrici dolorose. Se all’inizio il colore che predomina nell’obiettivo è il blu, a mano a mano che il film si mostra, quel blu si ingrigisce e diventa più cupo, squarciato a volte dalla luce accecante che penetra dalle finestre e svela volti e ambienti, restituiti sullo schermo con una regia che, per adeguarsi alle situazioni, cerca frequente nuove angolazioni di ripresa. Il colore blu però riappare durante il film, tramutato in fiore quando tornano a trovarci vecchi fantasmi del passato, che si rivelano scomodi per entrambe le protagoniste. Un ostacolo al loro affetto e al loro estremo bisogno dell’altra. Credo non ci sia più niente da dire: è un film manifesto del cinema europeo dei nostri giorni e va visto.
Solo un’ultima cosa: quante sale a Roma ospitano questo film?! ...a tutti buona riflessione. |
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Un'improbabile e mal assortita coppia di Discepolo e Maestro sono le protagoniste di questo dramma a tinte forti. Il rapporto tra le due, bravissime, e la storia delle loro vite così lontane e così vicine ci vengono rilevate poco a poco in un intreccio crescente caratterizzato da un amara ironia e dalla passione per entrambe per la vita. Due perdenti, si potrebbe dire a prima vista, che inseguono probabilmente la normalità, impossibile. Un dramma non urlato, che scorre quasi pacatamente e colpisce con chirurgica ed efferata lentezza al cuore.
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