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Recensione: Cronaca di una fuga

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Cronaca di una fuga
titolo originale Crónica de una fuga
nazione Argentina
anno 2006
regia Israel Adrián Caetano
genere Drammatico
durata 102 min.
distribuzione Fandango
cast R. De la Serna (Claudio) • P. Echarri (Huguito) • L. Delgado (Gallego) • N. Casero (Guillermo) • M. Marmorato (Vasco) • M. Urruty (Tano) • D. Alonso (Lucas)
sceneggiatura I. CaetanoE. StudentJ. Loyola
musiche I. Wyszogrod
fotografia J. Apezteguia
montaggio A. Ponce
uscita nelle sale 4 Maggio 2007
media voti redazione
Cronaca di una fuga Trama del film
Nel 1977 a Buenos Aires un'unità operativa al servizio del governo militare argentino rapisce Claudio Tamburrini, il famoso attaccante di una squadra di calcio di serie B. L'atleta viene strappato alla tranquillità della sua esistenza e trasportato di nascosto in un centro di detenzione chiamato Sere Mansion, che in realtà è una vecchia casa fatiscente alla periferia di Moron. Per Claudio inizia così un inferno fatto di continui interrogatori, offese, umiliazioni e minacce. Insieme agli altri prigionieri viene proiettato in un mondo dove vigono leggi arbitrarie e ogni genere di violenza, fisica e mentale...
Recensione “Cronaca di una fuga”
a cura di Riccardo Rizzo  (voto: 7,5)
Come raccontare gli orrori dell’ultima dittatura argentina senza cadere nella trappola delle frasi fatte o della sua ovvia condanna? Che enfasi dare alla piccola vittoria di quattro uomini nel contesto di migliaia e migliaia di morti, sopraffazioni e violenze verso persone che reclamavano libertà e uguaglianza? Come raccontare il terrore e l’angoscia di giovani ragazzi trattati come bestie e seviziati per mesi e mesi?
Caetano sceglie di limitarsi a raccontare i fatti narrati nell’autobiografia di uno dei prigionieri scampato alla morte, con uno stile decisamente austero e quasi asettico, senza mai giudicare nessuno in maniera diretta. I 120 giorni di prigionia sono narrati totalmente in maniera cruda e diretta, senza (inutili) spazi di dolore spettacolarizzato, sebbene le scene delle torture, che non si vedono, risultino ancora più lancinanti per via del sonoro che lacera l’udito e ferisce il cuore di chi percepisce la violenza brutale dei carcerieri. Caetano sa che non c’è bisogno di aggiungere drammaticità ad una storia di per sé già drammatica e difficile da accettare, per i familiari delle 40 mila desaparecidos ma anche per la vista di chi sta sulla poltrona di un cinema. Eppure l’empatia con i prigionieri è totale, avvolgente, con la telecamera che quasi sempre si muove all’altezza del suolo, dove i corpi martoriati dei ragazzi strisciano o assumono posizioni fetali, e la sensazione è quella di essere lì insieme a loro, di vivere lo stesso inferno disumano. Ci si chiede quando arriverà il momento della libertà, della luce, ma quello che si vede sono solo stanze vuote e ombre minacciose che infondono paura e angoscia.
Una volta fuori dal centro di detenzione (successivamente bruciato dai militari per cancellare ogni prova delle atrocità commesse) inizia un altro film: fotografia e montaggio eccezionali regalano trenta minuti di suspense pura, il terrore è alle spalle ma l'ansia di “essere scoperti” no. La fuga (annunciata) dei ragazzi per le vie di Buenos Aires mostra una città impaurita e paranoica, con finestre sbarrate e persone che non riescono a stupirsi di fronte a quattro giovani ammanettati, nudi e pieni di lividi che attraversano la strada. Anche questa seconda parte del film conferma l’abilità di Caetano di saper narrare questa storia di resistenza e coraggio senza sbavature, con un taglio cha di volta in volta passa dal thriller al drammatico, che unisce suspense e realismo.
Bravi tutti gli attori, soprattutto un sorprendente Nazareno Casero e un Rodrigo De La Serna già apprezzato ne I diari della motocicletta.
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