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Tre storie ambientate a Stoccolma: quella di Carina, giovane mamma, giornalista di successo e legata sentimentalmente ad un uomo che nonostante affermi di ricambiare il suo amore non fa che umiliarla e maltrattarla davanti ai loro due bambini; quella di Leyla, una ragazza mediorientale che vive, attraverso le sofferenze subite dalla sorella più grande, i rigidi schemi mentali della propria famiglia che riesce a mettere uno contro l’altro persone legate dallo sangue; e infine la vicenda di Aram, proprietario di un locale notturno davanti al quale una sera inaspettatamente assiste ad episodi di violenza contro il suo amico Peter, anche addetto alla sicurezza del locale, e verso cui Aram sente di nutrire un insolito sentimento di affetto. |
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I capitoli di una storia che si snoda tra premiazioni, feste, litigi e violenza. Inaspettata e forte si mostra la violenza, senza veli ma all’improvviso e solo in alcune scene. Per tutto il resto il film è espressione di un malessere sociale, analizzato nel particolare all’interno di nuclei famigliari differenti per nazionalità, tradizioni e ceti sociali. I capitoli – presentati da un titolo che annuncia il nome del protagonista su cui di volta in volta la storia si focalizza – rinnegano un ordine cronologico di successione in nome di un montaggio ad incastro che salta tra i personaggi soffermandosi, per una durata di tempo quasi analoga, ora su uno ora sull’altro senza troppi scatti. Il filo conduttore è quello dell’ambientazione che fa trasparire una Stoccolma sfocata e notturna, ostile e tutt’altro che tollerante. La tensione prodotta dalle musiche contribuisce a creare il legame tra le vicende dando un buon ritmo ai vari racconti: quello di un uomo che torna a casa, pentito, per riparare il clima di terrore che ha creato con la moglie e i figli in un ménage famigliare che non può avere pace; di una ragazza immigrata che scopre che sono le persone care intorno a sé quelle che prima di tutte non riescono ad accettarla e ad essere tolleranti; e quello del proprietario di un locale notturno che non vuole piegarsi alle minacce di alcuni aggressori in cerca di soldi. Queste “storie da Stoccolma”, raccontate con uno stile registico a volte documentario, altre volte toccando i territori di una serie televisiva, sembrano farsi portavoce, prendendo spunto da avvenimenti davvero accaduti, dei diritti di libertà dell’uomo e della forza che ha la manipolazione degli altri sulle proprie esistenze con la speranza di regalare l’idea di un futuro migliore. Nonostante un po’ di retorica narrativa – come nella scena metaforica finale di tre aerei che si alzano in volo in tre direzioni diverse – Anders Nilsson si è aggiudicato il Premio Amnesty International al 57° Festival di Berlino. |
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