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Martino lavora come custode notturno della Mole Antonelliana, dove ha sede anche il Museo del Cinema. Quando non lavora, passa le sue giornate a guardare vecchie pellicole di film muti in una specie di abitazione che si è ricavato da un locale in disuso all'interno dell'edificio. Un giorno Martino offre riparo a una ragazza in fuga dalla polizia, Amanda, che lavora in un fast food frequentato dal ragazzo. La convivenza fa si che tra i due si instauri un rapporto di reciproca confidenza e quando per Amanda arriva il momento di tornare dal fidanzato delinquente e alla sua solita vita, lei si rende conto che le cose non sono più come prima. |
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"Forse sono i luoghi che raccontano le storie meglio dei personaggi…"
"Tutto...non in una sola notte"...ma in più serate, illuminate dalla flebile ma avvolgente e seducente luce di vecchi proiettori cinematografici. Siamo a Torino e per la precisione dentro la Mole Antonelliana, sede del Museo Nazionale di Cinema e "possente", fondamentale coprotagonista del film leggero e delicato di Davide Ferrario.
Questo imponente edificio e pura forma architettonica diventa il punto di partenza dove nasce, si sviluppa e "muore" la storia d’amore di tre ragazzi che, in un ispirato e lieve omaggio al terzetto d’amanti di "truffauttiana" memoria, percorrono le sale, i cunicoli, le scale e le terrazze della Mole raccontandoci il loro male e gioia di vivere.
In una di quelle pellicole disinibite e delicate che raramente sembrano riuscire al cinema italiano, Ferrario crea in digitale, con pochi soldi e gli attori delle nuove leve, un mondo magico, divertente e poetico. Prendendo spunto dai film muti e da Buster Keaton, infonde nel film un’atmosfera nostalgica che aiuta a creare e portare avanti la struttura fiabesca in atto. Dimensione, quest'ultima, che viene delicatamente umanizzata da diversi momenti di vita quotidiana inseriti in quella che comunque resta una commedia.
Il senso sta nelle immagini, eppure "Dopo mezzanotte" non può fare a meno della parola: l’immagine è "gonfia" di senso, la parola riflette sul senso dell’immagine.
Premio Caligari 2004 alla Berlinale. |
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Commenti del pubblico |
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