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Recensione: The Bridge

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The Bridge
titolo originale The Bridge
nazione U.S.A.
anno 2006
regia Eric Steel
genere Documentario
durata 93 min.
distribuzione Videa CDE
musiche A. Heffes
fotografia P. McCandless
montaggio S. Krayenbuehl
uscita nelle sale 27 Aprile 2007
media voti redazione
The Bridge Trama del film
Il Golden Gate, il meraviglioso ponte che è un luogo magico e misterioso oltre che il simbolo di San Francisco, detiene al suo attivo un triste primato, quello del maggior numero di suicidi. Ogni anno, infatti, sono molte le persone che decidono di porre fine alla loro vita lanciandosi nel vuoto dal Golden Gate. Il regista Eric Steel, insieme alla sua troupe, ha trascorso un intero anno, il 2004, sorvegliando attentamente la balaustra del ponte. Le loro macchine da presa hanno documentato quasi ogni minuto di luce e hanno filmato la maggior parte delle due dozzine di suicidi e dei numerosi tentativi falliti. Le immagini sono accompagnate dalle parole di amici e parenti delle vittime, accorsi sul posto, e da quelle di passanti, automobilisti, ciclisti, ragazzi a bordo di un surf o di una barca che, improvvisamente, si sono trovati davanti la morte.
Recensione “The Bridge”
a cura di Riccardo Rizzo  (voto: 3)
Un anno di suicidi morbosamente cercati, aspettati e infine ripresi da due telecamere poste al di sotto del Golden Gate Bridge di San Francisco, una delle sette meraviglie del mondo moderno.
Il documentario di Eric Steel non è altro che questo, una sorta di reality show sulla morte e la sua spettacolarizzazione, un film che nonostante la drammaticità dell’argomento riesce ad essere sciapo, superficiale, perverso e a tratti irritante. Non c’è traccia di alcun tipo di ricerca sociologica (in generale) o psicologica (in particolare) per spiegare come la disperazione ma anche il coraggio di una persona possa spingerla a scavalcare le ringhiere di questo ponte, spesso avvolto da una tetra nebbia e attraversato da migliaia di persone indifferenti come le macchine che lo percorrono.
Ciò che è ripugnante è l’assoluto cinismo è la totale mancanza di buon gusto del regista nel cercare coloro che si pensa possano buttarsi di sotto da un momento all’altro e fare un volo di 70 metri schiantandosi in acqua. Ogni cinque minuti c’è un corpo che cade, c’è la morte di essere umano, tutto il resto è l’attesa di un’altra morte scrupolosamente offesa; quando la telecamera inquadra delle anime perse che passeggiano confuse lungo questa meraviglia di metallo, si ha la sensazione di aver individuato chi è il prossimo, e che basta solo attendere un po’ per vederne la fine, con quei corpi che rotolano nel vuoto e spariscono nell’acqua. Per sempre.
Il totale nichilismo della pellicola è pari a quello di un ragazzo che vede dietro l’obiettivo della sua macchina fotografica una ragazza in procinto di buttarsi, e ipnotizzato dalla indiscutibile bellezza delle sue foto non fa nulla per salvarla. La differenza è che mentre il ragazzo in seguito riesce a ritornare nella realtà davanti l’obiettivo, il regista e la sua troupe se ne stanno comodamente seduti per un anno intero ad aspettare il suicidio di altra gente.
La meschinità di queste immagini sono intervallate da noiose ed inutili interviste a parenti o amici delle vittime, che non riescono neanche lontanamente a far capire il dolore di queste persone, il perché di questo gesto così estremo: addirittura a volte sembra che gli intervistati siano coloro che attraversano il ponte incuranti degli individui che, sguardo perso nel vuoto, stanno per buttarcisi nel vuoto.
Steel continua a registrare: i bambini che giocano a palla lungo il fiume, chi prende il sole, i traghetti che passano sotto il ponte, gli uccelli che volano, i surfisti. Intramezzi di fastidiosa normalità che ci accompagnano fino alla morte più spettacolare, quella Gene, la star del film. Lui, con i suoi capelli lunghi e il suo look dark, ha il compito di chiudere il gran finale con il volo più scenografico: con le braccia al cielo e di spalle all’acqua. Fine. Di Tutto.
Di fronte a tanta assurdità sarebbe curioso scoprire chi ha avuto il coraggio di portare questo film alla Festa di Roma (ma anche ad altri festival), chi il coraggio di portarlo nelle sale cinematografiche, e quale bigotto della nostra censura assurda e anacronistica ha deciso di vietare questo obbrobrio solo ai minori di 14 anni.
Probabilmente gli stessi ipocriti che poi si scandalizzano di fronte a filmati di You Tube nei quali si vedono moto che vanno a 200 all’ora o di fronte ai filmati girati con il telefonino da bambini delle medie che palpeggiano un’insegnante.
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