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Dal romanzo omonimo di John Grisham. Mitch McDeere, fresco di laurea in giurisprudenza, viene ingaggiato da un prestigioso studio legale di Memphis. Il lavoro lo impegna a tal punto da fargli trascurare la giovane moglie, che ne soffre. Partendo dai sospetti sulla morte di due suoi colleghi, Mitch cerca di scoprire per chi lavori lo studio e si rende conto che c'è molto marcio nascosto. Corre grossi rischi, ma ne esce trionfante. |
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Mitch McDeere è un giovane avvocato, appena diplomato: ha studiato legge per uno di quegli strani ideali che in gioventù ti fan propendere verso ciò che è giusto, verso ciò che ha utilità sociale. Un idealista in un mondo di squali, questo è l’incipit.
Come fosse un videogame, Mitch dovrà riuscire a sopravvivere, portare a termine il suo lavoro ma senza infrangere la legge, conservando linda la sua coscienza e, la cosa più difficile, non perdere Abby, sconvolta dalle pieghe impreviste che la loro vita insieme sta prendendo.
La parte iniziale, nella quale si mettono in moto gli ingranaggi, è ottima ed equilibrata tra un prologo non troppo lungo ed un succedersi degli eventi non precipitoso; il carattere di Mitch è un punto fermo, ma attorno a lui iniziano a delinearsi la figura più complessa (almeno in potenza) di Abby e quella ai limiti dell’ambiguo di Avery.
Il mix tra azione e reazione (il lavoro che Mitch si trova ad affrontare e le conseguenze sulla sua vita privata) funziona bene finché il lato thriller non prende il sopravvento – come è necessario per arrivare ad una conclusione degna attraverso un percorso interessante. Poi l’insieme perde di organicità riducendosi ad un’accumulazione di eventi, in bilico tra la vita e la morte per Mitch, sul filo della seduzione per Abby e Avery. Le scelte non sono tutte felici, alcune parti sembrano inserite a forza, come quella ambientata alle isole Cayman che comunque ha i suoi pregi al di là del peso nella sceneggiatura (forse sarebbe meglio dire nel romanzo di John Grisham, al quale questo film è fedele).
Tra tutti spicca Gene Hackman, eccellente interprete del personaggio di maggior spessore di tutta la storia: Jeanne Tripplehorn delude, mentre Tom Cruise non si stacca dal suo personaggio piatto, soffocato dall’assenza di variazioni in un carattere, come già detto, dichiarato fin dalle prime battute.
La mano di Sydney Pollack regala a quest’opera il fascino del film non ascrivibile unicamente ad una categoria, in questo caso quella del thriller, strizzando l’occhio al genere da tribunale, al giallo e, dal lato opposto, al film d’azione e al sentimentale. Un miscuglio come a Pollack piace, ben riuscito come Pollack sa fare. |