“Vi chiedo: cos’è più scandaloso, la guerra o il sesso?”
La libertà d’espressione, sebbene oscena, è un diritto di tutti, garantito dal primo emendamento della costituzione americana. Larry Flynt sa perfettamente di essere una persona sgradevole, moralmente disgustosa, ma è altrettanto cosciente che se la legge tutela un’immondizia come lui, la stessa libertà d’espressione verrà garantita a tutte le persone della società.
Questa considerazione è la chiave di lettura per la visione di un film che va oltre lo scandalo, quello della vita di un miliardario pervertito ai margini della società, e fa riflettere circa libertà civili che non possono essere sottomesse a giudizi di gusto. D’altronde, lo stesso Flynt si interroga su cosa sia più disgustoso: se una foto in primo piano di un uomo morto ricoperto di sangue, o un’altra piena di donne nude, sia pure in atteggiamenti compromettenti. “La prima ritrae un omicidio, che è illegale, e può farti vincere la copertina dell’anno di Time. L’altra, che mostra persone in atti sessuali, che non sono illegali, può mandarti in galera”.
Milos Forman riesce nell’intento di girare contemporaneamente il classico film americano sui diritti civili e una biografia non romanzata di un personaggio scomodo, senza per questo scadere nella retorica o nella superficialità. I fatti parlano chiari da soli, come le innumerevoli comparizioni in aula di giudizio di un Flynt sempre anarchico e sarcastico verso giudici e benpensanti, o il tentativo da parte di un bigotto squilibrato, di emulare l’omicidio di Kennedy sparandogli tre colpi di fucile. La drammatica descrizione del rapporto d’amore con la moglie Althea (una bravissima Courtney Love), stroncata dall’aids ancora giovane, rappresenta la parte più drammatica di un film ben confezionato, equilibrato nonostante il tema trattato, e interpretato perfettamente da tutti gli attori.
Orso d'oro al Festival di Berlino 1997 e Golden Globe (1997) a Milos Forman come miglior regista e per la miglior sceneggiatura. |