Pochi se lo ricordano, eppure questo “Ecco fatto” è un film abbastanza importante per il cinema italiano degli ultimi anni. Certo non può essere menzionato per una particolare levatura artistica – piuttosto modesta – però, oltre a segnare l’esordio del regista Gabriele Muccino, lancia nel panorama attoriale un Giorgio Pasotti versione “sbarazzino” e raccoglie presenze giovanili e un po’ acerbe di attori come Barbora Bobulova e Claudio Santamaria. Quello che colpisce, però, è che nessuno degli interpreti – principali e secondari – riesce a fornire delle “prestazioni” interessanti, fatta eccezione solo per una divertente comparsata di Sergio Rubini e, anche se solo parzialmente, per le estrose digressioni dell’ossigenato Santamaria.
Primo film per Muccino, dunque, e – strano a dirsi – protagonista è l’amore. La sceneggiatura cerca di concentrarsi sul sentimento della gelosia e dell’insicurezza e condisce il tutto (non sempre con successo a dir la verità) con una freschezza tipica di un regista esordiente. Ciò che, invece, è più difficilmente digeribile è quel continuo e snervante stato di schizofrenia – tipico del cinema mucciniano – al quale sono soggetti tutti i personaggi di questo racconto in fin dei conti un po’ insipido.
La scena di partenza ritrae Matteo e Piterone intenti a lavorare in una lavanderia. Stuzzicati da una comune discussione tra i clienti del negozio, viene introdotta, tramite un gioco di flashback, la vicenda liceale dei due amici, entrambi pluribocciati e con in testa solamente l’ammissione agli esami di maturità. A rompere gli equilibri ci pensa però la bellissima Margherita, più grande di tre anni e con una vita lavorativa avviata, eppure ben disposta a intraprendere una storia d’amore con il dolce Matteo. Inizia così un turbinio di emozioni, tremendamente e artificiosamente esteriorizzate, che spingono l’inesperto ragazzo a compiere un errore dopo l’altro, a trasformare in ossessione e morbosità le piccole e ordinarie gelosie di un rapporto. Il tutto, però, finisce per trasformarsi per lo spettatore in una specie di lezioncina, con un codice comportamentale ed etico da seguire attentamente se si vuole crescere nel migliore dei modi...
Per sua stessa ammissione, Gabriele Muccino è interessato a comunicare, intrattenere e divertire, cercando di “arrivare” al pubblico senza troppe complicazioni. Sa, infatti, che è in grado sia di intrattenere che di essere capito. Ci si chiede, però, se riesca effettivamente a divertire e soprattutto cosa voglia e sia in grado di comunicare. Quello che spiace, in fondo, è che le qualità tecniche e intellettive non gli mancano. Servirebbe, probabilmente, un briciolo di umiltà e di riflessione in più. Ecco fatto. |