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Recensione: Le parole di mio padre

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Le parole di mio padre
titolo originale Le parole di mio padre
nazione Italia
anno 2001
regia Francesca Comencini
genere Drammatico
durata 85 min.
distribuzione Mikado Film
cast F. Rongione (Zeno) • C. Mastroianni (Ada) • T. Bertorelli (Padre di Zeno) • C. Coli (Alberta) • C. Comencini (Anna) • V. Graziosi (Augusta) • M. Calopresti (Giovanni Malfenti)
sceneggiatura F. ComenciniF. BruniR. Nataf
musiche L. Einaudi
fotografia L. Bigazzi
montaggio F. CalvelliM. Fiocchi
media voti redazione
Le parole di mio padre Trama del film
Il giovane Zeno, che non è riuscito a superare il trauma della morte del genitore, entra in contatto con la famiglia di Giovanni, padre di Anna, Ada, Alberta e Augusta. Zeno si innamora di Ada, che dapprima ricambia il suo affetto ma poi lo allontana, quindi si lascia coinvolgere nel gioco di seduzione di Alberta. Il tentativo di suicidio di quest'ultima lo induce a partire: un anno dopo sarà Augusta a rivelargli i suoi sentimenti.
Recensione “Le parole di mio padre”
a cura di Andrea Olivieri  (voto: 7)
Zeno è un disadattato. Il padre, appena morto, ha esercitato un’influenza negativa su di lui, e continua ancora a stargli di fronte in sogno con la sua presenza ingombrante come un macigno.
Non essendo in grado di mantenersi per la sua naturale mancanza di senso pratico, Zeno si risolve a cercare lavoro presso un amico del padre, secondo le ultime volontà del defunto, che gli impediscono di entrare in possesso del cospicuo patrimonio di famiglia senza prima avere trovato un’occupazione stabile.
Viene così in contatto con la famiglia di un mercante d’arte senza scrupoli, e in special modo con le sue tre figlie, Ada, Alberta e Augusta.
Francesca Comencini dirige un film intimista, introspettivo, sensibile, che esplora il peso delle parole non dette, i conflitti non chiariti, i sentimenti irrisolti.
Il protagonista racconta, attraverso la voce incerta, la sua inadeguatezza a condurre una vita normale, per cui persino il padre, preoccupato di lasciarlo solo dopo la morte, lo affida alla tutela del suo avvocato. Zeno potrebbe non aver mai parlato, prima dell’inizio del film. Le parole del padre che non sono mai state pronunciate e che avrebbero forse chiarito la reale natura, schiaffo o abbraccio, del gesto che il genitore compie verso il figlio in punto di morte, sono probabilmente quelle che tira fuori, in una dimensione di solitudine assoluta, come quella che si respira tra le pareti della sua casa grande e vuota.
Ha lo sguardo impaurito, Zeno, l'andatura lenta, sembra sempre sull'orlo di smarrirsi.
Le immagini cupe di una Roma livida, moderna, diventano lo sfondo sul quale emerge l' interiorità lacerata e frammentaria dei protagonisti.
Una Roma piovosa, che brilla di luci riflesse e fontane, mette in evidenza i dettagli: un ritratto di Anna Magnani su un banchetto, una foto di Totò, la Galleria Colonna con le luci, i passanti, i barboni; e Zeno che passa in tutto questo, nei titoli di testa, accompagnato dalla canzone Series of Dreams di Bob Dylan, con la sua continua difficoltà di "ricordare tutto e non capire niente".
Zeno, con la sua fragilità, sembra riflettere come uno specchio il dramma delle tre sorelle che lo usano per agire i loro conflitti, per poi allontanarlo.
Dapprima s'innamorerà perdutamente di Ada, la primogenita, che dopo una sola notte d'amore lo rifiuterà, poi di Alberta e infine di Augusta, che sposerà, e che silenziosa, l'ha spinto a sé fin dall'inizio.
In Zeno c'è una sorta di incommensurabile impassibilità che ha assorbito ogni gesto della sua vita e lo condanna al limbo del pensiero che non si trasforma in convinta azione, ma solo tentativo tra infiniti e possibili tentativi. Ogni aspetto "esterno" viene confuso e soppresso.
Il tempo filmico non è più lineare, ma circolare. Torna su se stesso e sulle spirali dell'Essere, definendo il disorientamento della coscienza e dei percorsi mentali.
Movimenti di macchina che spingono i personaggi a ritrovare se stessi, riflessi in uno specchio o al termine di una panoramica o nei propri monologhi urlati; Francesca Comencini allestisce con stile e sensibilità, un delicato teatro da camera intorno alla solitudine di un giovane, alla ricerca di calore e comprensione.
Presentato al 54mo festival di Cannes.
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