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Rosemary e il marito, una giovane coppia di New York, si trasferiscono in un nuovo appartamento di un palazzo che gode di una cattiva reputazione. I due fanno subito amicizia con i vicini, Roman e Minnie Castevet, una vecchia coppia molto gentile e premurosa nei loro confronti. Da subito però iniziano ad accadere strani incidenti nel palazzo: una ragazza appena conosciuta da Rosemary si suicida ; Rosemary stessa fa strani sogni e sente sempre più spesso rumori sinistri; Guy, il marito, con il suo comportamento si allontana sempre più da lei. Nel frattempo Rosemary si accorge di essere incinta, ma deve pensare a proteggere il bambino che porta in grembo... |
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Affascinante e inimitabile. Come a tutti i film di Polanski riesce l'impossibile, mostrare la magia. Così come, altrove, (Il ballo dei vampiri) il vampirismo. Superare la meccanica di soggetti inavvicinabili per descriverne l'essenza più intima.
Rosemary, sposata ad un attore sconosciuto, vede il marito diventare di colpo famoso. Il bambino che le nasce qualche mese dopo, secondo le dichiarazioni di una vicina di casa che l'ha assistita e del marito stesso, è morto. Ma un caso porta Rosemary a scoprire una messa nera nella quale un neonato, dai tratti demoniaci, è il protagonista. La donna comprende l'atroce verità: il marito ha ceduto il figlio in cambio del successo.
Il cinema di Polanski è il ricordo di un'atmosfera. Il rimandare sottile ad un profumo; l'appartamento di “Repulsion”, l'isola di “Cul de sac”, la neve dei “Vampiri” o il ventre gravido di Mia Farrow, s'iscrivono per sempre nella mente degli spettatori.
Polanski riesce ad inquadrare l'astratto, l'indefinibile che lega le cose e le azioni filmando la materia. Con la sua precisione, il suo scrupolo nel seguire i dettagli si apparenta ad Hitchcock. Ma per scopi diametralmente opposti. Hitchcock attraverso la precisione ed il dettaglio vuol giungere ad una perfetta armonia descrittiva, ad una poesia del ragionamento figurativo. Polanski vede invece la materia per superarla, per raggiungere una dimensione astratta che si situa al di là di quella osservata.
Un cinema di una suggestione estrema, che vibra di una sensibilità inequivocabile e rara, inventando la paura dove non c’è: insieme a “Repulsion” e “L’inquilino del terzo piano”, Polanskiano al 100 per cento.
Oscar come miglior attrice non protagonista a Ruth Gordon.
David 1969: miglior regia, miglior attrice straniera (Mia Farrow).
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Coinvolgente, malato, grottesco e claustrofobico. Una discesa nella follia e nell'assurdo. Un thriller psicologico come solo Polanski sa fare.
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Premesso il fatto che il regista abbia scelto una trama che, col senno di poi, è stata fatta madre di tante pseudo scopiazzature, ma che al momento dell' uscita in sala di quel film era davvero accattivante, mi trovo costretta a dire che le aspettative su questo film, da me, erano molto più elevate, per quanto riguarda copione ed immagini. Le interpretazioni in ogni caso eccellenti.
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