Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Recensione: La voltapagine

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La voltapagine
titolo originale La tourneuse de pages
nazione Francia
anno 2006
regia Denis Dercourt
genere Thriller
durata 85 min.
distribuzione Mikado Film
cast D. Francois (Mélanie Prouvost) • C. Frot (Ariane Fouchécourt) • P. Greggory (Il signor Fouchécourt) • C. Mollet (Virginie) • X. De Guillebon (Laurent)
sceneggiatura D. Dercourt
musiche J. Lemonnier
fotografia J. Peyrebrune
montaggio F. Gedigier
uscita nelle sale 9 Febbraio 2007
media voti redazione
La voltapagine Trama del film
Mélanie e Ariane: due donne, che il destino fa rincontrare dopo tanti anni. Ad unirle la passione per il pianoforte, a cui Mélanie anni prima aveva rinunciato, dopo l’esito negativo del suo esame per l’ammissione al Conservatorio. L’atteggiamento irritante della presidentessa della giuria, la stessa Ariane, l’aveva distratta, facendole sbagliare la prova.
La passione che le unisce, soffocata per molti anni, potrà causare dolore…difficile da affrontare per chi non è pronto a riceverlo.
Recensione “La voltapagine”
a cura di Vera Usai  (voto: 6,5)
La voltapagine ci introduce in un universo tutto al femminile, dove la figura dell’uomo diventa un tramite e la musica fornisce il giusto ritmo agli attori, che si scoprono un po’ per volta, dandosi alla telecamera con riservatezza e decisione.
Il regista fa scorrere i titoli di testa, mentre le immagini di una bambina al piano riempiono lo schermo. La ripresa delle sue mani in dissonanza con quelle di un uomo, che taglia la carne. Il colore rosso, contrapposto al candore dei tasti, il suono della melodia contrapposto all’odore acre della carne. Poi tre personaggi, ad occupare la stessa inquadratura, intorno ad un tavolo a mangiare carne e parlare di musica: Mélanie e i suoi genitori. Dercourt punta tutto sui primi piani: cattura in profondità gli occhi della bambina. Gli stessi che ritroviamo, con un’impercettibile ellissi temporale, sul volto di una ragazza che cammina per strada. E da qui il film segue il filo del presente e incastra nella vicenda la famiglia di Ariane Fouchécourt, la celebre pianista che anni prima aveva bocciato la sua prova di ammissione al Conservatorio. Le due donne si r-incontrano ma i ruoli sono invertiti. La giovane Mélanie maschera crudeltà nella purezza dei suoi gesti, equilibrati e carichi di significato, filmati spesso di spalle o sullo sfondo di un azzurro intenso. “Quando suoni sei vulnerabile e la persona che è accanto a te deve sostenerti”. Questo sarà il suo compito a cui si dedicherà con assoluta completezza, fino al punto da diventare ad Ariane dolorosamente indispensabile. Con calma il film svela piccoli traumi, avvolti da una luminosità insolita, che abbaglia e disorienta. Molto abile il regista a cogliere il momento esatto in cui i volti cambiano espressione e rivelano attrazione e repulsione, trasposte sulle schermo con una poesia e delicatezza che solo il cinema francese sa raccontare con tale intensità. Tramite un’ampia esposizione cromatica, il colore diventa metafora, indipendente dall’oggetto che riempie, e il regista firma il suo ultimo lavoro sfruttando tutto quel bianco, che inonda i vestiti e l’arredamento e diventa elemento funzionale e indispensabile al racconto. All’improvviso però tutto cambia tinta e il sangue sporca con la sua macchia lasciando presagire i contorni di una tagliente vendetta. Efficaci le attrici negli atteggiamenti e negli sguardi, con un’interpretazione magistrale su cui si fortifica l’accorta regia di Dercourt e una non originalissima trama. Puro pretesto per mostrare qualcosa di intimo e di estremamente femminile, che atterra e fa paura nella misura in cui esso è sconosciuto, e fino a pochi momenti prima estraneo e impensabile.
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