|
|
François è un antiquario di successo. Durante una cena per il suo compleanno, la sua socia gli fa notare che non ha un amico! Un'agenda piena di incontri, appuntamenti e relazioni non basta a dimostrare di avere degli amici. La sfida è lanciata: François avrà dieci giorni per presentare il suo migliore amico! Nel taxi di Bruno inizia a setacciare Parigi alla ricerca di ex compagni di scuola, conoscenti, possibili amici, senza rendersi conto che, forse, proprio quel conducente di taxi potrebbe risolvere il suo problema... |
|
|
|
Recentemente ha affermato che girerà solamente altri tre film, che peraltro già tiene in mente. Peccato.
Leconte è uno di quei pochi registi che riesce a parlare al cuore come pochi altri, con una tenerezza e una semplicità invidiabili. Il mio miglior amico ne è l’ultimo esempio lampante, una commedia divertente e soprattutto intelligente, e di questi tempi non è poco. Senza cervellotici intellettualismi o mortificanti banalità viene esaltato il valore dell’amicizia, tema già affrontato dal regista soprattutto in Tandem e L’uomo del treno. Ancora una volta i protagonisti sono due persone tremendamente sole, sebbene per motivi diversi. François è un ricco antiquario che vive per il lavoro e non ha una minima idea del significato della parola Amico; Bruno è un tassista simpatico ed estroverso, con un passato doloroso alle spalle celato dietro un buonumore ("l’anticamera della felicità") contagiante. I due diventeranno amici (abbastanza intuitivo visto il titolo del film…) con la loro relazione, da casuale incontro a sincero affetto, descritta in maniera coinvolgente, sempre in bilico tra comicità e drammaticità. La linearità della narrazione è sconvolgente, accade tutto quello che si immagina accada, i colpi di scena sono totalmente assenti, e nonostante tutto il racconto non è mai noioso, mai banale. La macchina da presa segue in modo apparentemente asettico François e Bruno, eppure lì dietro la “presenza” di Leconte c’è e si sente. Il regista parigino sceglie di farsi “invisibile” per raccontarci la storia senza sottolinearne i messaggi più profondi, per esempio con inquadrature ad effetto o musiche particolarmente coinvolgenti. Fanno eccezione i primi tre minuti del film, esemplari per chiarire il concetto di amicizia: la scena di un funerale di un antiquario al quale partecipano solo i suoi familiari e lo stesso François, cha tra un “condoglianze” e un “mi dispiace molto” non perde tempo per concludere l’affare in sospeso che aveva con il defunto.
Daniel Auteuil è perfetto nel ruolo di cinico uomo d’affari insensibile agli affetti, Dany Boon è altrettanto bravo a impersonare Bruno, con la sua bontà fanciullesca ma anche con i suoi problemi interiori: non c’è una cosa fuori posto, tutto scorre, e ancora una volta c’è da togliersi il cappello di fronte ad una commedia francese che qui da noi è sempre particolarmente apprezzata.
I motivi? Ce ne sono parecchi, ma perché essere sempre cattivi e critici, siamo vicini a Natale, siamo tutti più buoni...va bene così. |