"From Hell."
Lasciarsi tutto alle spalle, perdere ogni contatto con il passato. E quando sembra non sia rimasto più niente, continuare a scavare, togliere lo strato di catrame che riveste la superficie delle cose, e bruciare tutto nel fuoco. Quello che resta è la cosa più importante.
In tre atti: 'Heaven', 'Heart', 'Hell', il rapporto di una coppia di tossici, Candy, ragazza giovane e bellissima e Dan, ragazzo squattrinato e immaturo. L'incontro, l'amore passionario, i problemi di soldi, la prostituzione, la gravidanza, l'uso di stupefacenti.
Paradiso, Terra, Inferno; ed è proprio in questa discesa agli inferi che il film perde compattezza e credibilità: quando il cinema è questione di vita e di morte, la struttura tematica del film sembra cedere nel tentativo di giustificare con un principio deterministico un comportamento astruso e 'claustrofobico', scandito dalle pulsioni fisiche di corpi tormentati, che rimandano all’infinito il rewind di una memoria filmata come brandello di invasiva tragicità.
Il processo capovolgente per cui i due protagonisti, da una vita di negligenze inconsiderate, corrotta dagli stupefacenti, rintracciano la scintilla della redenzione, sembra forzato da una logica approssimativa e non adeguatamente dimostrata, e per di più indebolita da un atmosfera 'morbida' ed improbabile.
L’assoluta neutralità del mezzo cinematografico nei momenti in cui riesce a far collimare vista e visione, a camminare su una corda tesa in uno spazio onirico, a trasformarsi nel micromondo che sottopone il consueto alle leggi capricciose dell’immaginario: il film, ambizioso e discontinuo, abbandona questo prolifico sentiero inciampando in un dogmatismo superfluo e a tratti irritante, tralasciando di curare alcune atroci mutilazioni narrative, e addormentandosi su di una soluzione pretenziosa, abusata e artefatta.
Presentato in concorso a Berlino 2006. |