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Fabio, è un giovane educatore che lavora con passione e dedizione nel percorso di reinserimento dei detenuti nella società. L’incontro inaspettato con Sparti, un detenuto condannato per omicidio, costringe Fabio a fare i conti con i fantasmi di un passato familiare rimosso, e a scontrarsi con la sorella Cristina che non vuole riaprire vecchie ferite che mettano a repentaglio la tranquillità della loro vita attuale. |
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Il primo lungometraggio di Alessandro Angelini, presentato in anteprima il passato ottobre alla Festa Internazionale del Cinema di Roma, dove peraltro ha ottenuto un discreto successo di critica e pubblico, è la storia dell’incontro-scontro/padre-figlio in un carcere romano, dove il primo è stato trasferito dopo 20 anni di reclusione in Sardegna, e il secondo ci lavora come educatore. Il contesto è drammatico, perché le celle sono un non-luogo dove il tempo cammina a passo pesante, ma ancor più drammatico è il fatto che i due non si riconoscano la prima volta che si siedono l’uno di fronte all’altro, visto che tra i due non c’è mai stato alcun rapporto dal giorno dell’omicidio commesso da Sparti. Una volta scoperta l’identità del padre, Fabio riesce a fargli concedere un giorno di permesso, durante il quale cercherà in tutte le maniere di aiutarlo di recuperare il tempo perduto…
L’idea di girare un film su un detenuto durante il suo giorno di “libertà” non è molto originale, bisogna dirlo, però è indubbia la capacità di Angelini di saper giostrare bene i fili della drammaticità del racconto, senza caricarlo mai di eccessivi colpi di scena o facili morali. Certo, a volte si inciampa in alcune scene pretenziose e un po’ banali (come quelle della lettera bruciata, del pestaggio in cella, del cane regalato o delle corse liberatrici di Fabio…), ma è anche vero che in altri momenti la storia emoziona nel suo crudo realismo: progressivamente ci si addentra sempre più nel dramma di due vite spezzate, di due vittime, sebbene per cause distinte.
La sceneggiatura a volte soffre di strappi e lacune, ma fortunatamente i due protagonisti sono bravi e riescono a sopperire a queste normalissime e giustificabili imperfezioni di un’opera prima.
Ben più sorprendente, semmai, è la capacità di Pasotti (per la prima volta, eccezion fatta per Dopo mezzanotte) di sembrare più un attore di cinema che di fiction tv… |
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