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Damiel e Cassiel, due angeli si aggirano per le strade di Berlino per svolgere la loro missione, ascoltare i pensieri lieti o tristi delle persone che vivono nella città. Damiel che si dimostra più partecipe alle ansie degli esseri umani vede in discoteca Marion, una trapezista licenziata dal circo per cui lavora e se innamora. La ragazza è segnata dalla imminente solitudine e da oscuri presagi di morte. Si accorgerà della sua discreta presenza un attore, ex angelo, che ha rinunciato alla sua vera natura, che sta girando un film sulla Germania nazista. |
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"Gli angeli amano le nostre lacrime, di questa rugiada avidi; talvolta siamo dei loro con le nostre guance umide".
Il cinema ha bisogno di poeti: e come non definire tale qualcuno come Wim Wenders che, nell'anno di grazia 1987, ha il coraggio di filmare la storia di due angeli che sorvolano, ed amano, Berlino ed i berlinesi?
Sono angeli ovviamente particolari. E di sesso maschile. Di sembianze (a parte le ali che proprio ci vogliono) tra il dimesso ed il seducente sulla tarda quarantina. Hanno "proprietà" particolari: osservare, in bianco e nero, quanto accade in ogni angolo della città. Ascoltare, invisibili, tutto quanto si dice e, ancor più, si soffre.
Ma anche del tutto normali: tanto da innamorarsi (questa volta a colori) di una bella trapezista.
I confini tra gli angeli che sanno ancora amare e coloro sulla terra che non disdegnano di volare, sono quindi simili da tracciare: la vera fiaba, per Wenders, è quella del cinema. Che permette di abbandonarsi all'osservazione dell'uomo, del suo modo di vivere, del suo ambiente. La possibilità di essergli vicino nei momenti di solitudine, di disperazione e di felicità.
Anche nel piccolo circo si sopravvive, mentre i bambini guardano e si divertono: il volo della trapezista è un'aspirazione di armonia in una scatola chiusa. Alla fine tutti si lasciano, ognuno con la propria peregrinazione e con la propria solitudine; anche la donna, che aveva riempito l'immagine con la bellezza del suo corpo, si ritrova sola, in mezzo alla pista, allo scoperto, senza un luogo sicuro dove andare. Quando trova un compagno, fa un "lungo discorso", ma quelle parole affascinanti sono ancora un progetto, una possibilità, un mucchio di domande.
Una sceneggiatura complessa, dove la poesia di un amore smuove la vita dei mortali e non solo, in una scenografia fatta di sguardi, di detriti, di specchi d'acqua.
Nel luogo dove non esiste più l'avventura, dove si paga per assistere alla propria impotenza, dove il ricordo conferma la delusione del presente, il cinema stesso proietta la lontananza, dall'alto...
Palma d'Oro a Cannes per la migliore regia. |
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