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Da poco in pensione, Schultze passa le sue giornate nel paesino in cui vive in compagnia degli amici Manfred e Juergen, mentre di sera si dedica alla sua passione: la fisarmonica. Un giorno, sente alla radio un brano Zydeco, la musica dei creoli della Louisiana. Prova a riprodurre il suono che lo ha ammaliato sul suo strumento, dopodiché decide di partire per gli Stati Uniti alla ricerca delle radici della musica Zydeco. |
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Piccolo saggio di antiretorica. Film d’esordio di Michael Schorr, "Schultze vuole suonare il blues" ha più di un’eco di Kaurismaki: tutti gli avvenimenti sembrano scorrere addosso al protagonista senza lasciare il minimo segno, mentre dentro c'è tutta una vita da raccontare. Schultze volta pagina in maniera drastica ma lo fa senza urlare.
Tutto sembra affidato ad un vento incerto che muove casualmente (ma positivamente) paesaggi, situazioni, persone, luoghi, pensieri.
Sciabolate e imbuti spaziali che impaginano potentemente le piccole ma sorridenti vite che popolano il paesino. Sequenze e situazioni che si "fanno" autonomamente davanti alla macchina da presa.
Un flusso corale del mondo in movimento, in cui non esiste protagonista ma solo la costruzione di quest’ultimo attraverso il riconoscimento e il "donarsi reciproco", congiunto allo sconvolgimento dell'anima che vuole, finalmente, aprirsi alla vita.
Premio Speciale per la regia al 60ma Mostra del Cinema di Venezia (2003).
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