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Yumiko vive in un piccolo paese del Giappone con il marito Ikuo. Costruiscono la loro vita sulle solide basi dell'amore. Una corsa notturna in bici tra le vie della città, abbracciati come adolescenti, ed un figlio. Una vita perfetta, fin quando una notte, Tamio non torna a casa. Dilaniato sui binari da un treno.
Una sola telefonata, e la vita di Yumiko viene completamente stravolta, fino al matrimonio combinato con un uomo che abita lontano. |
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Inquadrature fisse di una bellezza folgorante, la quasi assenza di movimenti di macchina e di primi piani, la scelta, al contrario di grandi angolazioni in un film intimista, quello di suoni terribilmente presenti, che ci riportano sulla terra, annullando il rischio del compiacimento estetico.
È la geometria di uno spazio mentale.
"Maborosi" è un film sul mistero della vita e della morte, sulla fragilità dell'essere umano nei confronti di quel mistero.
Senza essere mistico ne tanto meno religioso, è un film sulla "fede": in quel territorio del non-detto, dell'inspiegabile, che non deve essere necessariamente fonte dell'angoscia. Piuttosto, se sorretto dalla forza dell'evasione poetica, è motivo di gioia e consolazione.
Costruito con sapienza sul potere della luce, nell'affiorare dalla confusione della penombra per illuminarsi nella trasparenza dei suoni, quello dell'esordiente giapponese Hirokazu Koreeda, è un film che parlando della morte finisce per imporre con energia commovente la presenza della vita.
La risonanza imperiosa dell'ambiente (una periferia urbana solcata dal continuo transitare dei treni; gli interni di quotidianità serena scanditi dalla radio del vicino; il furore incombente del mare su una piccola comunità di pescatori) si contrappone ad ogni possibile semplificazione formale.
La razionalità e la psicologia si fanno allora da parte; lasciando il posto ad una delicata intimità con i personaggi e ad un immenso rispetto per i loro sentimenti.
Osella d'oro Premio Cinemavvenire Anicaflash per la migliore opera prima Menzione speciale della Giuria OCIC. |