Il viaggio come stordimento fisico e sorpresa morale, come apprendimento di quanto un orizzonte inedito può apportare alla maturazione venendoti incontro. Un viaggio fatto di paesaggi, di libertà e di coraggio.
Il Fuser di Salles è idealista, necessariamente sincero, rigido come si è spesso a vent’anni e vagamente sprovveduto. Vuole un viaggio ma non sa di preciso cos'altro. L'amico Alberto Granado vuole invece un’avventura, un simbolo per i suoi ventinove anni sempre sul punto di diventare trenta. Un'avventura finale per la sua moto.
"I diari della motocicletta" è' il racconto di una grande amicizia, un viaggio di due "hippies" d'avanguardia: pochi soldi, nessun luogo prestabilito dove dormire; il tempo non esiste se non per le stagioni.
Estasiati riconoscono nel vento sul viso e nella polvere delle strade il gusto tipico della libertà, la fresca sensazione d'inseguire l'orizzonte. Entrambi assorbono le immagini dei panorami come esperienze necessarie al loro vivere futuro.
Il viaggio allontana da casa, sovverte la quotidianità ma sviscera e chiarisce quesiti che la riguardano.
Il punto di svolta delle loro vite fu la rivelazione di un continente latino-americano unico e meticcio, nel quale le divisioni non passavano fra gli stati ma fra bianchi e indios, minatori e padroni. Man mano che i due amici si addentrano nel cuore del continente lasciandosi alle spalle le ville ordinate della buona borghesia argentina alla quale loro stessi appartengono, la realtà che si presenta davanti ai loro occhi si fa sempre più dura e la narrazione si distende in toni meditativi. Da questo momento gli incontri si imprimono nella memoria come foto in bianco e nero; la scoperta dell’identità di un continente coincide dunque con la scoperta della propria identità individuale in un racconto semplice e potente che fonde le dimensioni personali e collettive con grande naturalezza del racconto. Ernesto, visitando i luoghi delle antiche civiltà sudamericane, si chiedeva se si potesse avere nostalgia di epoche che non si sono vissute, di qualcosa che non si è conosciuto di persona.
Arte nostalgica per antonomasia, il cinema nasce come antidoto al fuggire del tempo, si illude d'averlo fermato ma ne sancisce solo la riproducibilità della fuga. In questa constatazione si nasconde però la grande rivelazione: si può avere nostalgia anche di ciò che non si è vissuto, rivivendone il racconto, constatandone lo svanire.
Nel caso di Ernesto fu nostalgia per una civiltà antica ma più evoluta di quanto non gli apparisse quella in cui viveva. Il bisogno di far rivivere quel mondo si saldò alla necessità di combattere le ingiustizie che vedeva perpetrarsi nel suo presente.
Nonostante alcuni sporadici riferimenti a ciò che Ernesto sarebbe divenuto in seguito, "I diari della motocicletta" riesce a non essere un film politico o esageratamente nostalgico, anzi, è la storia di una forte amicizia, un road-movie che avrebbe potuto compiere chiunque attraverso Paesi meravigliosi. Un’avventura verso la libertà a cavallo di una "poderosa", un racconto fatto di musica e di incontri lungo la strada. Incontri che per alcuni possono rimanere tali, ad altri invece possono cambiare la vita.
Presentato in concorso al 57mo festival di Cannes (2004). |