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Danny Ocean, appena uscito di prigione, ha in mente la rapina del secolo: i tre casino di Terry Benedict. Il bottino sono 160 milioni di dollari e Tess, la sua ex moglie, ora compagna di Terry. Per riuscirci mette insieme una squadra di undici specialisti, ma entrare nel caveau del Bellagio è praticamente impossibile... |
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Colpo grosso all’americana.
Senza critiche, però: gli yankee queste cose le sanno far bene, Soderbergh anche meglio.
Ocean’s eleven, prima ancora di essere il capostipite di una serie numerica potenzialmente infinita, è un gioiello di architettura come raramente capita. Gli ingredienti sono gli occhi di tutti: un cast fuori del comune, con un tasso crescente di bravura, simpatia e bellezza; l’argomento è accattivante, fin troppo facile per lo spettatore simpatizzare con chi svaligia un casinò.
Nel fondere le due cose, Soderbergh sceglie di operare linearmente, senza rivoluzionare il genere ma attenendosi alle regole: il tempo dell’azione è tripartito, la sequenza reclutamento – preparazione – colpo rispettata, dedicando alle tre fasi lo stesso spazio, sufficientemente lungo per sfruttare tutte le potenzialità, sufficientemente breve per non annoiare.
A quest’ultimo fattore contribuisce non poco il ritmo serrato del film, che rallenta soltanto per lasciare spazio ai suoi protagonisti: Clooney è perfetto nel ruolo del direttore d’orchestra, di chi ha sempre la situazione sotto controllo anche quando non lo da a vedere. Esattamente l’opposto di Andy Garcia, glaciale nella sua ostentazione del potere (la sua espressione mentre si chiude la porta dell’ascensore, subito dopo la rapina, dimostra come sul set del Padrino III abbia osservato attentamente Al Pacino), impotente alla fine nei confronti di un piano che lo coglie di sorpresa più di quanto riesca a stupire gli spettatori. Ma il finale ‘a sorpresa’ non voleva certo essere il punto di forza del film.
In un ruolo inedito, quello di spalla, il migliore è Brad Pitt, libero dai vincoli del protagonista e molto più a suo agio da quando gli concedono di essere più simpatico che bello. Caratteristica esaltata invece in una statuaria Julia Roberts, chiamata a passare dal fianco di Benedict a quello di Ocean senza interagire, vero e proprio bottino di guerra. La diva non si sottrae a questa passerella, e il tutto ne guadagna.
Economicamente, se Ocean’s eleven non vale la rapina al Bellagio, gli si avvicina; Twelwe e Thirteen potrebbero metaforicamente essere gli altri due casinò di Benedict, e i conti tornerebbero. Ma un filone così fortunato, capace di divertire con intelligenza sia il pubblico che gli interpreti, potrebbe – e dovrebbe – andare avanti, e allora, altro che rapina del secolo. |