Esiste un male fisico e una decadenza spirituale.
Il regista traspone il primo nell'angoscia del corpo che vede manifestarsi al suo interno i primi sintomi della malattia, reagendo ad essa con stupore, costernazione e insieme rassegnazione.
L'Aids s'insinua nell'esistenza borghese di Chaty, sconvolgendone l'equilibrio sentimentale, i progetti di vita futura, la fiducia stessa che da sempre ha riposto nel suo compagno, responsabile del contagio.
Alla sofferenza fisica il regista accenna e allude, lasciando pudicamente in sospeso gli inevitabili sviluppi e le conseguenze posteriori; ma per scorgere la vera essenza del male ci avverte che bisogna scendere in più remote profondità, dentro all'anima stessa dei personaggi che si sfiorano, incrociano i propri destini e le proprie disperazioni, si cercano e si perdono lungo il cammino.
La decadenza spirituale è presente invece a tutti i livelli e non risparmia nessuno: ragazzini sbandati e drogati il cui unico momento di sollievo consiste nel fissare per un attimo la volta stellata; un vecchio che invano chiede a tutti i passanti notizie sulla nipotina scomparsa, ma a cui nessuno "risponde" o non vuole prestare attenzione; un gioielliere che decide di porre fine ad un'esistenza frustrante e ad un matrimonio arido e consumato; infine, una bambina che si aggira, come un pallido spettro della coscienza sociale , per le strade sporche e polverose della metropoli incappando nello squallore di questa insana umanità.
La visione di Santos è insieme distante e partecipe testimone della tragedia. Ci fa intravedere la caduta a cui ognuno dei personaggi, giovani e anziani, ricchi e poveri, indistintamente va incontro, ma lascia anche presagire, nel silenzio che segue l'invocazione di aiuto, che esiste una possibilità di riscatto, un'unica, labile, via di fuga dal senso di oppressione e di morte che pervade ed impregna l'intera atmosfera.
Questa via è dentro di noi e per percorrerla basta tendere la mano e cercare di colmare nell'altro quello che è il nostro stesso bisogno d'amore, di pietà e di comprensione; bisogno che spesso ci vergogniamo di esprimere, per paura di divenire troppo vulnerabili e indifesi.
Da uno scenario livido ed apocalittico come quello descritto dal cineasta portoghese, è questo l'unico messaggio che si può trarre per non cadere nella facile e troppo semplicistica valutazione che il male, di qualsiasi natura esso sia, è sempre irreversibile e totale.
In concorso a Venezia (1999). |