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Adam, un giovane convinto neonazista, viene condannato a svolgere servizio sociale di riabilitazione. Suo compito e quello di assistere Ivan, il sacerdote di un piccolo centro. Ivan chiede ad Adam di cucinare una torta con le mele dell'albero che cresce dinanzi alla chiesa. Nel frattempo, però, la natura si accanisce contro l'albero: uccelli, vermi e lampi lo attaccano rovinandone i frutti. La concezione del mondo dei due uomini si scontra: Ivan crede che sia il Diavolo che li vuole mettere alla prova, invece Adam - convinto che l'Inferno e il Paradiso neppure esistano - è convinto che sia opera di Dio. |
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A prima vista una strana e simpatica storia, che passa piacevolmente sullo schermo per circa un’ora e mezza. Eppure il film scritto e diretto da Anders Thomas Jensen, già sceneggiatore de "Non desiderare la donna d’altri", che anche qui insiste fortemente sui richiami biblici, è molto di più, molto più profondo dell’apparenza, come un iceberg di cui è visibile solo una piccola punta.
Adam è un convinto neonazista che, dopo una permanenza in carcere, non si sa bene per quale crimine, viene rilasciato con l’obbligo di svolgere tre mesi di sevizio civile in una comunità di recupero. Ci troviamo nella verde e sconfinata campagna danese, dove Ivan, un particolarissimo prete protestante, si prende cura della sua piccola comunità, composta da altri due ex-detenuti (un soprappeso ex-tennista di successo, ora alcolizzato e cleptomane, ed un rapinatore di pompe di benzina arabo con grandi problemi di sintassi) e da alcune altre strane figure che vengono e vanno. Tutti i personaggi sembrano vivere come sospesi nel tempo, in una loro pseudo-realtà leggermente diversa da quella che vede invece Adam.
Catapultato in questo luogo surreale, una bianca chiesetta sperduta nel nulla, il duro e freddo naziskin farà muro a tutto e a tutti, senza cercare di fare neppure un passo dentro il mondo di Ivan, e anzi, opponendovisi con il solo modo che conosce di relazionarsi col prossimo: la violenza.
Adam deve trovare una meta da raggiungere, un compito da svolgere a simbolo della sua collaborazione alla vita comunitaria, metafora della riabilitazione del disadattato, il suo compito è presto detto: preparare una torta di mele con i frutti dell’albero del giardino dietro la chiesa.
Ironiche e a tratti grottesche le vicissitudini di questa impresa, fra forni che si rompono e mele attaccate da corvi, vermi ed agenti atmosferici vari, per non parlare del simpatico gruppo di vecchi amici di Adam. È il diavolo che si accanisce contro l’impresa voluta da Dio per redimere il suo figliolo, secondo il sacerdote, è solo il caso, secondo Adam, che, svogliatamente, segue le disgrazie del melo, mentre osserva lo strano personaggio del prete, sempre sorridente e sicuro di sé, nella cui figura però inizia pian piano ad intravedere delle crepe, inizia a scoprire la realtà dietro ognuna delle belle cose che Ivan crede di avere intorno. Si, perché l’alcolizzato beve ancora, il rapinatore continua a rubare e la vita di Ivan è stata un susseguirsi di tragedie, da cui lui è sempre riuscito ad uscire costruendosi una realtà alternativa in cui tutto è perfetto, tutto è bello. È Satana a farci credere che le cose vadano male, la fede fa vedere ad Ivan un figlio paralitico parlare e giocare senza problemi, e lo fa convivere con un tumore al cervello che lo ha praticamente mangiato da dentro. Adam si frapporrà perfidamente tra l’uomo e la realtà per sbattergli in faccia le incongruenze, per vederlo crollare, ma, una volta riuscito a far vacillare il prete, sarà lui a non esser più sicuro di cosa è veramente giusto, e vedrà nascere il dubbio se ci sia davvero un volere divino o malefico dietro gli eventi che gli capitano.
Come risolvere l’intreccio? Preparando una torta di mele con l’ultima mela sopravvissuta, e proprio grazie ai difetti dei suoi strani compagni.
L’epilogo del film è l’unica cosa che stona, un ultimo giro che chiude un cerchio ideale e riporta tutto al principio, inutile. |
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