Un inizio da thriller politico, uno svolgimento da genere drammatico, tre minuti finali da commedia rosa (per la verità assolutamente inutili nella loro smielosità). Sceneggiatura che passa dalla Turchia ad Israele, passando per Berlino e la Palestina. Diversi temi affrontati: odio, vendetta, giustizia, amore, omosessualità, religione. Guardare Camminando sull’acqua può risultare tanto piacevole quanto sgradevole, è uno di quei film da bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, tecnicamente con molte lacune ma anche con diverse idee originali. Sicuramente l’aspetto più interessante riguarda i personaggi, che per quanto in maniera distinta l’uno dall’altro, provano odio per qualcosa che li tocca più o meno da vicino. Quello di Eyal, agente segreto del Mossad verso i Palestinesi; quello di Axel, giovane alla ricerca di sempre nuove esperienze di vita, per gli infami skinhead della metropolitana di Berlino; quello della sorella Pia nei confronti della sua famiglia dal passato mostruoso. Eppure il film è un manifesto alla tolleranza, contro ogni tipo di stereotipo, di conflitto, di vendetta.
Come in Yossi & Jagger, primo film del regista israelo-americano, non manca il tema dell’omosessualità, trattato con estrema semplicità senza che questo debba significare necessariamente superficialità, né quello della guerra, sebbene questa sia una atipica, che dura da decenni, che non sembra avere una fine, e che è combattuta tra uomini bomba da una parte e un esercito dall’altra. Non mancano le idee quindi, ma i dialoghi sono a volte spiazzanti ed efficaci, altre scialbi e insapori e manca sensibilmente una coerenza stilistica tra le varie parti del film.
Ad essere cattivi (se si vuole) un: chi troppo vuole nulla stringe… |