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Mi trovo abbastanza d'accordo con la recensione di mimma. Film involontariamente diviso in due parti. La prima nulla di che. La seconda inaspettata, non direi nemmeno così azzeccata, ma se non altro trova una sua strada. Non è un film riuscito, ma è pur sempre un film di un grande regista che qua e là regala momenti speciali. Palma d'oro esagerata, ma vabbeh... si sa che i festival seguono logiche tutte loro.
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Gli ultimi, i reietti, le periferie, gli emarginati, i poveri, i malati, i soccombenti, i violenti... Ci sono tutte le categorie a cui il cinema di Audiard attinge da sempre. Il caso vuole che proprio uno dei suoi film più deboli gli abbia permesso di ottenere il riconoscimento più prestigioso della sua carriera. Eppure anche in questa pellicola ci sono parecchi spunti di riflessione sull'umanità di questo inizio millennio, sui diritti violati a tutte le latitudini, sui nodi irrisolti del progresso senza sviluppo che produce le meste e violentissime periferie delle nostre città . Anche in questo film occupa un grande spazio il racconto dei corpi, delle loro sofferenze, delle loro infermità , dei loro odori. Audiard si conferma cineasta materico senza però raggiungere le vette di altre sue pellicole.
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un Audiard parecchio giù di tono. la storia è proprio una delle sue, la mano è indubbiamente la sua e alcune cose me le ricorderò (l'elefante meraviglioso, il "vecchio", la op-posizione frontale dei caseggiati, il sosia di Edward Norton...), e in un certo senso tanto basta, ma coinvolge poco, non passa quasi nulla e a lungo andare ci stanca anche un po'. forse i personaggi poco caratterizzati, o con una pre-storia troppo succintamente accennata, forse anche gli attori non eccelsi, non so, ma qualcosa non va.
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Il film si divide in due parti: la prima, che dà la sensazione di un già visto, racconta dell’arrivo nella periferia degradata francese di un nucleo di immigrati proveniente dallo Sri Lanka devastato dalle guerra. L’integrazione per la nuova “famiglia†in questo luogo pullulante di bande malavitose in lotta fra di loro e di droga, non è facile a causa anche della diversità culturale e linguistica. Ma pian piano sia Dheepan che la moglie trovano una collocazione dignitosa e remunerata lui come guardiano di uno stabile lei come badante, e la vita va avanti. Nella seconda parte il film prende una piega inaspettata e nel (fino ad allora) mite protagonista si risveglia un indomito spirito vendicativo che lo porta a farsi giustizia da sé. La sceneggiatura lascia a desiderare ma ho trovato belli taluni passaggi e soprattutto l’interpretazione della moglie di Dheepan, e della bambina. Siamo molto lontani da “Il profeta†e “Sulle mie labbraâ€, anche se il film non è da buttare via
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Audriard è un regista di grande talento e questo film, pur non essendo la sua opera migliore (d'altra parte Visconti ha vinto il leone d'oro per Vaghe stelle dell'orsa e non per Rocco e i suoi fratelli), lo conferma ampiamente. Ciò che convince meno di altre volte è la sceneggiatura, con un finale discutibile fatto di una escalation di violenza risolta in modo assai improbabile. Insomma, non al livello del Profeta e nemmeno di Un sapore di ruggine ed ossa (opere al quale il film è accomunato di temi della famiglia, dell'adattamento, della violenza) ma comunque degno di una visione.
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