La Polonia, la transizione democratica, i rancori di un passato amaro. Persona non grata, il nuovo film di Krzysztof Zanussi, affronta i grandi temi di un paese ancora alla ricerca di un’identità dopo la fine del socialismo reale.
Victor (Zbigniew Zapasiewicz), ambasciatore polacco in Uruguay, soffre di forti crisi depressive in seguito alla morte della moglie. Al funerale incontra un vecchio amico ora vice ministro russo (Nikita Mikhalkov), un uomo ambiguo sul quale pesano sospetti di tradimenti coniugali e politici. Tornato a Montevideo, Victor perde lucidità mentale e viene travolto da manie persecutorie che gli impediranno di svolgere le sue funzioni. Nell’ambasciata lavora un funzionario (Jerzy Stuhr) che, nonostante un passato legato al regime, riesce con ambizione a far carriera anche nella nuova realtà politica. Gli scontri con questi personaggi indeboliscono Victor che rimane anche vittima di giochi spionistici internazionali, (nel ruolo dell’ambasciatore italiano appare Remo Girone). L’unica salvezza è quindi una fuga dalla realtà che restituisce a Victor la sua integrità morale, scalfita dalle meschinità della politica.
Zanussi, grande maestro del cinema polacco (vincitore del Leone d'oro nel 1984 con un film mai distribuito in Italia, L'anno del sole quieto), mostra il tradimento degli ideali di democrazia e libertà, così vivi in Polonia alla fine degli anni Ottanta. Non mancano accenti didascalici, la narrazione a volte sembra trattata con stile “televisivo”, ma la messa in scena della crisi delle coscienze civili non prende una piega moralistica. Anche sui personaggi negativi (il funzionario d’ambasciata e il politico russo) non si rinuncia ad un’indagine intellettuale; così il giudizio del regista, sebbene sia esplicito, viene sfumato e non è privo di dubbi etici.
Presentato in concorso al 62° Festival di Venezia. |