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Recensione: La cura del gorilla

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La cura del gorilla
titolo originale La cura del gorilla
nazione Italia
anno 2005
regia Carlo Arturo Sigon
genere Commedia
durata 104 min.
distribuzione Warner Bros
cast C. Bisio (Gorilla/Socio) • S. Rocca (Vera) • E. Borgnine (Jerry Warden) • G. Alberti (Luke) • F. Camilli (Don Giupponi) • A. Catania (Giò Pesce)
sceneggiatura S. DazieriP. Plastino
musiche D. Luppi
fotografia F. Masiero
montaggio C. Cormio
uscita nelle sale 3 Febbraio 2006
media voti redazione
La cura del gorilla Trama del film
Sandrone detto Gorilla è un ragazzo che soffre di sdoppiamento della personalità: una bonaria cialtrona e ironica e l'altra razionale, fredda e violenta. A causa di una forte insonnia, Sandrone decide di lavorare come investigatore privato senza licenza, attività che si concilia perfettamente con la sua vita notturna...
Recensione “La cura del gorilla”
a cura di Andrea Peresano  (voto: 7)
Ed ecco nascere definitivamente davanti ai nostri occhi lo spaghetti-noir. Sull’onda letteraria pulp tutta italica dei primi anni novanta (vedi “Gioventù cannibale”, Einaudi, 1996), figlia della frenesia degli anni settanta e del brusco risveglio degli anni ottanta, Sandrone Dazieri creò il suo alterego cartaceo: il Gorilla, o meglio i suoi due alterego, si perché questo Bruce Willis padano affetto da insonnia e sdoppiamento della personalità vive una doppia vita, buono e sornione di giorno come buttafuori, sorvegliante o guardia del corpo, di notte cede il posto al suo socio, freddo e spietato investigatore privato.
Il cinema è arrivato in questi ultimi anni ad interessarsi a queste tematiche, rompendo un tabù che forse le vedeva appannaggio unico della macchina hollywoodiana. Trasposizioni cinematografiche come “Almost Blue” o il più recente “Quo Vadis, Baby?”, dietro il cui progetto troviamo la Colorado Film che sembra essere la più attenta a questo filone narrativo, propongono inquadrature, colori e montaggi frenetici che si rifanno ai maestri d’oltreoceano, uno per tutti Tarantino, senza pretendere di insegnare ma nemmeno limitandosi a copiare semplicemente, ovvia risultante della globalizzazione culturale.
Ecco come nasce il film che ci mostra un Bisio insolito ai più, duro e violento, capace di muoversi agilmente in una Cremona-Sin City, rimanendo impigliato in una brutta storia di prostituzione, immigrazione clandestina e piccola malavita organizzata ed uscendone con l’ennesima cicatrice. Già dalla prima sequenza il pubblico rimane ammutolito, aspettandosi qualche gag di spirito e trovandosi invece davanti ad una cruda scena di lotta.
L’unico punto a sfavore del film è il preconcetto. Agli occhi di una persona che ignorasse completamente gli attori il film farebbe sicuramente un altro effetto, ma siamo troppo abituati ad ascoltare ridendo a crepapelle la voce narrante di Bisio o a vedere in altri contesti i volti di un Bebo Storti o di un Kledi Kadiu. L’unico a salvarsi è, per ovvie ragioni, l’immortale Ernest Borgnine.
Eppure bisogna saper andare oltre, perché risultano tutti molto bravi e, anche se pionieristicamente, il film non fa altro se non portare sullo schermo realtà contemporanee.
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