Dal 1982 ad oggi sono molti i film di fantascienza che hanno preso direttamente o indirettamente spunto dai racconti di Philip K. Dick, a partire proprio dalla trasposizione più riuscita e di successo: “Blade Runner”, di un ancora ispirato Ridley Scott. Quello che è certo è che il racconto breve “Minority Report” era un ottimo spunto per una sceneggiatura nobile e altrettanto imponente. Spielberg confeziona un prodotto buono, anche se si preclude le vette più alte della grandezza proprio a causa di una sceneggiatura senz’altro fascinosa, ma sprovvista di quel quid che separa l’area dell’opera d’arte da quella del semplice film. Ma andiamo in ordine.
Sulle note dell’Incompiuta di Schubert, John Anderton “dirige” la scansione delle immagini provenienti dai Precognitivi e si assiste al primo omicidio sventato. Il ritmo e il montaggio sono incessanti e avvolgenti; l’ottimo direttore della fotografia Janusz Kaminski ha scelto atmosfere metalliche e desaturate che inseriscono adeguatamente lo spettatore in un contesto noir-fantascientifico. Dieci minuti che sfiorano la perfezione.
Segue un film “di Spielberg”, con i pregi e i difetti del caso. Ricorrenti e appassionanti sequenze cause-effetto, grandi visioni, tecnica ineccepibile. L’unica cosa che “Minority Report” non scuote quanto il resto è, però, la coscienza.
La figura-chiave di questo lungo (2h 20’) ma avvincente percorso sembra essere da subito l’occhio, mentre l’emblema del film è indubbiamente rappresentato dal ruolo dell’immagine/visione - perifericamente leggibile come un parallelismo con “il Cinema” - nella moderna società e l’estrapolazione del suo reale significato. Solo il distacco (la cecità) di fronte allo sguardo onnipotente e menzognero a cui tutti sembrano ormai rassegnati, permetterà di riappropriarsi dell’autonomia delle coscienze e della Libertà, sfumando però moralità in un finale malauguratamente cedevole, elemento ormai imprescindibile dal regista dell’Ohio.
Tra apprezzabili citazioni kubrickiane, effetti speciali giudiziosiosamente “sistemati”, metafore e paradossi, “Minority Report” affronta temi come giustizia, progresso tecnologico e sorveglianza, libero arbitrio e senso di colpa, lasciandone, a dire la verità, qualche d’uno in sospeso.
Spettacolare, maestoso, popolare, pretenzioso: Signore e signori, Steven Spielberg. |
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