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Una razzia di bestiame è il tranello col quale gli indiani fanno allontanare gli uomini dal ranch di Aaron e, nella loro assenza, lo radono al suolo, rapiscono le due bambine e uccidono tutti gli altri.
Il fratello Ethan, col reverendo Clayton, il giovane Martin e pochi altri, si mette alla loro ricerca; constatata la morte di Lucy, solo Ethan e Martin rimangono a cercare Debbie: la troveranno dopo vari anni, ormai compagna del capo della tribù. Con l’aiuto della cavalleria assaltano l’accampamento indiano e riportano Debbie a casa. |
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Sentieri selvaggi potrebbe finire dopo quindici secondi: non sarebbe un gran film, ma rimarrebbe comunque una scena da antologia. La sequenza iniziale sprigiona una bellezza tale da non aver bisogno di specchiarsi in quella finale per costituire, da sola, l’apice di poeticità del cinema fordiano: una poesia, a differenza di Furore, fatta di pura immagine. Nell’unione dei due estremi, invece, prende forma l’eroe di Ford più disperato, Ethan Edwards. Scontroso come a John Wayne si addice, e come il regista ama rappresentare i propri uomini, introverso, ma soprattutto solo: anche questa è una peculiarità dei protagonisti fordiani, ma stavolta non siamo di fronte ad una situazione in divenire o ad una difficoltà da superare; Ethan emerge dal deserto come un fantasma, e come tale vi fa ritorno alla fine. Ha aiutato la famiglia del fratello, è benvoluto da tutti e potrebbe restare con loro: qualcosa dentro gli dice che andarsene, deve essere solo.
L’altro elemento sorprendentemente caratterizzato è introdotto da un’altra scena sublime, la marcia del gruppetto di Ethan in mezzo alla valle seguito, da entrambi i lati, da due schiere di indiani, e la conseguente fuga verso il fiume. Gli indiani non sono questa volta un’entità astratta, né vengono rappresentati in blocco come cattivi: nel lungo periodo di ricerca, Ethan e Martin s’imbattono in molte tribù indiane, sempre in maniera pacifica; cattivi (per forza, contrapposti ai buoni Wayne e Hunter) sono solo i pochi Comanches al seguito del capo Scout .
Lo sterminio della tribù, (in)evitabile happy end, restituisce Debbie alla sua famiglia, ma non a Ethan, che la vede ora non più come nipote, ma come donna indiana. Rinuncia ad ucciderla, ma rinuncia anche a vivere con gente troppo diversa da lui, meno dura, meno eroica, meno sola. |
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Ultimi commenti e voti |
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10
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Mi basta la camminata di J.Wayne...
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9
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Una porta si apre.Un panorama mozzafiato di straordinaria magnificenza,il deserto e le montagne del canyon,illuminato da un sole sanguigno.Il capolavoro di John Ford e' un western epico e colossale, tanto nelle immagini tanto nei contenuti che oltre a proporre i temi classici del genere (la vendetta,l'eroe solitario,gli indiani e l'esercito) inserisce il tema portante del viaggio: la caccia di Ethan (Wayne) diventa un lungo e interminabile viaggio interiore nella mente e nel corpo di un eroe vissuto e povero di affetti,pieno di pregiudizi e accecato dall'odio.La vendetta per gli indiani che hanno rapito la nipote diventa la sua unica ragione di vita e il lungo cammino diventa un'avventura grandiosa.Il film chiude con l'immagine piu' bella del cinema: la camminata di John Wayne,che da attore diventa mito,un eroe perduto eppure malinconico e tremendamente solo.E una porta si chiude.
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8,5
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