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Antonia e Massimo vivono una vita "perfetta" in una villa nella periferia residenziale di Roma. Quando Massimo all'improvviso muore con un incidente stradale, Antonia cade in una profonda depressione. Un giorno, la povera donna scopre che il marito aveva, da sette anni, un'amante. Grazie alle numerose traccie ritrovate tra gli effetti personali di Massimo, riesce a scoprire l'indirizzo della rivale. Antonia rimane esterrefatta quando scopre che l'altra è un uomo e si chiama Michele. |
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"Ostaggi, ciascuno di un mondo a parte."
Un guscio di dolore frantumato dalla rabbia, dalla voglia di sapere, dalla curiosità nei confronti di una grande famiglia in cui ci si accetta e basta, che arriva a sconvolgere la tranquillità borghese di Antonia. Due mondi che si scontrano e si confrontano nella periferia romana.
La fata romantica sposa l'amore tossico (costretto a letto); la fata arrogante, quella impossibile che cambia la vita di un personaggio, è fermamente convinta che la Verità colpisca (mortalmente) al cuore. Se la realtà ci sfugge è perché non la vogliamo vedere e, in quel momento, qualcuno pensa bene di non sporcare il nostro universo di fiaba. La vita vera, però, è solo uno "shock", che a volte può rimettere in discussione il nostro concetto d'amore legato al possesso, aprendo gli occhi sul destino che incrocia addii e ritorni, incurante della fisicità, "paladino" del sentire "nel" momento.
La verità è necessaria? Ozpetek risponde di sì e il tutto si trasforma in un'allegoria, in un malinconico canto per le amanti che vivono nell'ombra delle spose "ufficiali", in un appello che abbraccia la compassione e la comprensione.
I Tiromancino cantano di due destini che si uniscono in un istante solo, gli eventi suggeriscono un amore nato per sbaglio, una complicità ritrovata, un bisogno di nostalgia, l'ansia di conoscersi scambiata per gelosia. A seguire un bacio, la banalità dei "non detti", una parte finale (di comodo) ammiccante e ignorante del percorso esistenziale fin lì intrapreso. Un ritorno al mondo delle fate. |
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Una pellicola che, dopo un inizio promettente, si perde via sino ad un finale pallido, un'occasione mancata per creare un piccolo cult nella cinematografia italiana e trattare a fondo il tema dell'omosessualità. Rimane comunque una delle migliori direzioni di Ozpetek.
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Meritevole l’intenzione di proporre un’idea di famiglia più aperta e tollerante rispetto a quella tradizionale, ma il film, dopo un inizio promettente, perde credibilità, proponendo personaggi scontati(il trans esuberante, il gay mordace, evidenti i riferimenti ad Almodovar) e sfociando in un finale aperto cosi e cosi (interessante, ma con troppa carne al fuoco, un insieme di soluzioni che poteva essere semplificato). Tuttavia il cast è lodevole (soprattutto Accorsi mi è parso molto convincente, meritato David come attore protagonista) e il mix di umorismo e drammaticità funziona. Ozpetek ha il merito di avere un’identità precisa, con un gusto per immagini sempre ricercate, poco comune in Italia.
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