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Tom, trentenne parigino orfano della madre pianista, sembra ormai avere accettato di dedicarsi ai loschi traffici immobiliari del padre. Ma un incontro casuale lo porta a credere di essere ancora in tempo per seguire le orme materne, recuperando il talento di pianista coltivato da adolescente. Decide così di contattare un'insegnante di pianoforte orientale, perché lo prepari per un'audizione importante. I due binari della vita di Tom cominciano a intersecarsi e sovrapporsi, e le sue scelte produrranno conseguenze incontrollabili... |
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"Improvvisamente, un giorno ti accorgi che tuo padre è diventato un bambino e adesso sei tu che devi accudire lui".
Remake del thriller scritto e diretto da James Toback, “Rapsodia per un killer” con protagonista un giovane Harvey Keitel. Jacques Audiard si è dichiarato fiero di riprendere le tematiche di Toback, quello che lui considera "la coda della cometa di certo cinema indipendente americano degli anni Settanta".
Il merito del regista francese sta nell’aver creato un film di respiro, un dramma metropolitano di cui oggi, forse, solo i cineasti del suo Paese sono ancora capaci. Gira con mano asciutta, più attenta ai movimenti interiori che a quelli reali di una società dove l'individualismo e le sue gelide logiche sembrano essere ormai aspirazioni. Spezza il ritmo del racconto tagliando le scene prima del previsto creando passaggi temporali veloci e misteriosi, lasciando spesso solo immaginare lo sviluppo.
Thomas passa le sue giornate ad accumulare denaro speculando su compravendite di immobili, infesta di topi le case da sgombrare da quattro straccioni abusivi, fino anche a picconarle. L'incontro casuale con il suo vecchio insegnante di pianoforte farà riaffiorare in lui il desiderio diviso tra passato e presente, in cerca del futuro. Ha due eredità contrapposte, due differenti demoni per trovare in sé stesso le risposte. E’ pieno di tenerezza per il padre invecchiato e sconfitto, il film si apre così: "Vogliamo liberarci di nostro padre, non lo capiamo, non lo sopportiamo e quando la fine è vicina, lo curiamo come un bambino, lo laviamo, vestiamo, nutriamo... E non vogliamo smettere di farlo...".
Il film girato in molte sequenze con l'uso trasgressivo della camera a mano rischia a volte di strafare e finire nella convenzione, ma quei contorni incerti da Noir lo rendono intenso, come le notti parigine fatte di edilizia popolare e non di Champs Eliseè.
L’atmosfera di una prospettiva diversa rende Parigi non un luogo da cartolina, ma un irriconoscibile dedalo di viuzze, locali fumosi, intimità violate.
Anche la musica di Alexandre Desplat si nasconde nell’incerto, insinuando armonie moderne e elettroniche nella Toccata in Mi minore di Johann Sebastian Bach, ma è ripetuta allo stremo.
Fino al finale dove il regista di “Sulle mie labbra” apparentemente concilia ma sempre nella casualità, lasciando intatto il dubbio del tempo. |