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Recensione: The Agronomist

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The Agronomist
titolo originale The Agronomist
nazione U.S.A.
anno 2004
regia Jonathan Demme
genere Documentario
durata 90 min.
distribuzione Bim Distribuzione
cast J. Dominique (se stesso)
musiche W. Kean
fotografia J. DemmeK. McNamaraP. Saraf
montaggio L. GelberK. McNamara
media voti redazione
The Agronomist Trama del film
La storia recente di Haiti attraverso la storia di un uomo e della sua radio: Jean Dominique e Radio Haiti. Divenuto agronomo dopo gli studi in un'università francese, Jean si trasformertà presto in giornalista e attivista per i diritti umani di Haiti, il proprio paese. Questo documentario illuminante è frutto di quindici anni di riprese e d'amicizia tra Demme e Dominique, un'esperienza tragicamnete interrotta nel 2000.
Recensione “The Agronomist”
a cura di Andrea Peresano  (voto: 7,5)
Il cinema è vita. La vita è politica. Il cinema può quindi esser politica, anche raccontando storie lontane, aprendo gli occhi sulle realtà dei fatti.
Ed è proprio con un cine-club che Jean Dominique, agronomo haitiano, verso la fine degli anni ‘50, iniziò a seminare idee fra i suoi concittadini per far nascere coscienze, e ad opporsi pian piano al regime di allora.
“The Agronomist” è la sua vita sotto forma di documentario.
Raccontandola si ripercorre la storia turbolenta della piccola repubblica centroamericana, la Repiblik Dayty, straziata da continue lotte interne e da dittature varie che si susseguono al ritmo di interessi ed influenze internazionali.
L’isola di Hispaniola non ci appare come il paradiso caraibico che noi ingenuamente immaginiamo (nel 2001 è arrivato ad essere lo stato occidentale con il più basso prodotto interno lordo) ma come una terra senza consapevolezza di sé, continuamente derubata da opportunisti e soffocata da anacronistiche imposizioni, retaggio del colonialismo, Haiti, da poco anche tristemente al centro dell’attenzione dei media per l’ennesima crisi interna.
Qui l’agronomo si è battuto per i diritti dei contadini, la maggioranza della popolazione, poveri e analfabeti, e vera anima della nazione. Ha deciso di condurre la sua lotta con un’unica arma: il microfono di una piccola stazione radio indipendente, Radio Haiti Inter, con il quale far arrivare informazione e cultura agli strati più bassi della società per risvegliarli.
Il progetto che ha dato vita al documentario nasce da un’idea del regista Jonathan Demme, che da più di dieci anni raccoglie materiale, e dello stesso Dominique, che collaborò fino all’aprile del 2000, quando la sua vita fu spezzata da un assassinio ancora poco chiaro.
Una serie di interviste, di filmati, di registrazioni, ma anche il ritratto dell’orgoglio di un popolo, quello haitiano, e di una figura che ha cercato di fargli capire i diritti di cui erano e sono ingiustamente privati, la libertà per cui i loro avi si erano battuti liberandosi dal giogo coloniale francese (Haiti fu la prima colonia in America a diventare Stato sovrano dopo gli Stati Uniti).
Oggi, a distanza di quattro anni dalla sua morte, la radio non esiste più, la moglie di Dominique, Michèle Montas, è stata costretta a sospendere le trasmissioni, ma la testimonianza di anni di lotte e di sforzi impiegati per dar coscienza alla massa, ci arrivano con questo importantissimo documento storico e, soprattutto, sotto le vesti di un ottimo prodotto cinematografico, nonostante la qualità delle immagini e delle inquadrature sia spesso bassa, dato che molto materiale ha ormai parecchi anni o fu registrato in situazioni particolari e con mezzi di fortuna.
Sullo schermo, in definitiva, sembra di “vedere” la radio.
Se si fosse in grado di comprendere le tre differenti lingue parlate (Inglese, Francese e Creolo Haitiano) senza aver bisogno di seguire visivamente i sottotitoli si potrebbero chiudere gli occhi avendo l’impressione di ascoltare, con tutta la sua forza evocativa, un programma radiofonico.
Le parole, inoltre, sono accompagnate da una colonna sonora dinamicissima, seguita dal musicista di origini haitiane, ex-fugee, Wycleaf Jean, e le immagini sottolineate da un’accurata selezione di suoni e rumori, forse richiamo al linguaggio creolo, intriso di segnali metalinguistici, l’haitiano caro a Dominique come identità del popolo e alla base della sua lotta, perché raggiungendo tutti gli strati della società ne è collante.
Un lavoro, come abbiamo detto, quasi più da ascoltare, ma da cui non si può prescindere sicuramente un’immagine: il volto di Dominique. Il suo viso ci accompagna sempre, anche quando non è al centro dello schermo, con occhi ipnotici, sorriso raggiante da opporre alle tenebre che spesso hanno tentato di inghiottirlo e la sua pipa “magica”.
La sua figura, carismatica e familiare al tempo stesso, unita alle sue parole sprigiona una forza immensa capace di catturare da sola il pubblico e di rimanere ben stampata nella memoria.
Con questo lavoro, presentato in anteprima alla Mostra di Venezia nel 2003 e che quest'anno ha ricevuto il Premio giornalistico “Ilaria Alpi”, Jonathan Demme non è al primo esperimento con un documentario, ma il suo nome è legato a ben altri capolavori. Possiamo definire la sua figura di regista completa, sempre alla ricerca di nuovi linguaggi e impegnato in nuove analisi, passando da thriller come “Silence of the Lambs”, vincitore di 5 Premi Oscar, a copioni socialmente impegnati come “Philadelphia”, anch’esso protagonista alla Notte degli Oscar, a film musicali come “Stop Making Sense”.
Attualmente nelle sale troviamo anche un’altra sua interessante pellicola, “The Manchurian Candidate”.
Per concludere possiamo dire che la possibilità di raggiungere il grande pubblico con un progetto come questo arrivi sulla scia della fortuna che sta avendo il genere documentaristico.
Si è oggi sicuramente più interessati all'informazione, più attenti ai fatti reali contro la disinformazione corrente, ma purtroppo più propensi ad aspettare che la storia ci venga raccontata sotto forma di cartone animato anzichè raccogliere le notizie oggettive e i dati non opinabili analizzandoli per farsi un’idea propria.
Una risposta in parte arriva da un gran numero di artisti ed intellettuali, registi cinematografici in testa, che prendono posizioni e mostrano le crude realtà dei fatti. Il lavoro di Demme è indubbiamente valido, ben miscelato, capace di raccontare la storia senza romanzarla troppo ma con la giusta dose di humour dissacrante, come lo stesso Dominique avrebbe fatto.
Commenti del pubblico







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Medaglia d'Argento (127 Commenti, 70% gradimento) AlbRag Medaglia d'Argento 28 Ottobre 2015 ore 15:55
voto al film:   7,5

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