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Ingiustamente punito da una distribuzione estiva, e miracolosamente recuperato in un'arena estiva (l'illuminata Faenza), l'ultimo film di Kechiche non ha deluso le mie aaspettative. Un po' Lola montés, un po' The elephant man, questa Venere nera è la discesa in un inferno, che viene inflitto impietosamente a uno spettatore che non può fare a meno di sentirsi voyeur e complice, quando non proprio assassino. La storia di Saartje colpisce prima di tutto per l'innocenza della crudeltà: lo spettacolo dei suoi glutei e dei suoi genitali viene fruito come un film horror, tra il divertimento e la curiosità. La scienza, imperialista e disumana, non è meno colpevole, e il celebre Georges Couvier non ne esce con una figura migliore. Cinema della crudeltà, ma di qualità, forse solo eccessivamente prolisso a tratti, ma anche la prolissità ha un suo significato. La sterzata storica del regista rimane comunque un tentativo pienamente riuscito. Consigliato a tutti gli stomaci forti.
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