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Recensione: Swing

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Swing
titolo originale Swing
nazione Francia
anno 2002
regia Tony Gatlif
genere Commedia
durata 90 min.
distribuzione Mikado Film
cast O. Copp (Max) • L. Rech (Swing) • T. Schmitt (Miraldo) • M. Reinhardt (Mandino) • A. Chaarani (Khalid)
sceneggiatura T. Gatlif
musiche T. GatlifM. ReinhardtT. SchmittA. Chaarani
fotografia C. Garnier
montaggio M. Dartonne
media voti redazione
Swing Trama del film
Max, un ragazzino di dieci anni, scopre di avere una passione per il jazz manouche, una musica nata dalla fusione del jazz anni Trenta e il floklore gitano. In vacanza con la nonna Max si reca nei quartieri degli zingari per comprare una chitarra. Conoscerà Miraldo che gli insegnerà a suonare e a comprendere la cultura manouche e si innamorerà di Swing, una ragazzina della sua età.
Recensione “Swing”
a cura di Andrea Olivieri  (voto: 6)
Tra favola e documentario, il film prosegue il discorso intrapreso da Gatlif su questo tema con “Gadjo Dilo–Lo straniero pazzo” (1997).
Tony Gatlif prosegue la sua esplorazione delle culture nomadi, ieri quelle degli tzigani e dei gitani, oggi quella dei manouches.
Qui ci fa da guida una storia d’amore infantile tra un giovanissimo francese di famiglia benestante e Swing, una bambina manouche. Attraverso di lei, durante un’estate, Max scopre la vita e il ritmo dei manouches, la loro storia e i loro canti. Di queste vicende noi ascoltiamo soprattutto una sensualità bagnata dal rumore dei corsi d’acqua, delle rive ombrose lungo le strade perdute.
La cinepresa entra in perfetta armonia col pulsare della natura, poi, ad un certo punto, nel cuore del film, si situa ad un altro livello. Studia il comportamento dell’individuo all’interno del gruppo, spingendosi nei particolari. Canta una comunità fondata sul cambiamento e sull’accordo, solidificata in una musica dove la voce delle donne è rilanciata dal suono di chitarre.
A partire da qui si compie il miracolo di una comunione tra lo spettatore e lo schermo. I tempi del film diventano i nostri, la sua musica ci attraversa e diviene la vera protagonista. Una musica non solitaria ma sempre collettiva, che istituisce continuamente un "sentire comune", e che dà luogo a un mondo dove ogni individuo ha diritto di cittadinanza, dove non c'è differenza d'età, di razza o di sesso.
Presentato al Festival di Berlino 2002.
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