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Le strade di Beirut sono affollate di gente e manifestanti per la celebrazione della Festa dell'Indipendenza. Nel frattempo, Tamara, Lina e Hala, tre donne che non si conoscono, salgono sullo stesso autobus dirette verso lo stesso luogo, il carcere di Mermel dove sono rinchiusi i loro uomini, ma con differenti obiettivi in testa. Il percorso verso la destinazione sembra abbastanza chiaro, ma all’improvviso un incidente cambia la situazione. Le tre donne vengono lasciate in balia delle loro ansie e ossessioni femminili, perse in mezzo al nulla: tutt’intorno l’arido paesaggio del deserto e un visionario, surreale, susseguirsi di dune, miraggi ed evocazione dei martiri della rivoluzione. |
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Scelta in linea con la politica dei grandi festival europei, in concorso al Roma 2009 arriva una coproduzione tra il vecchio continente e il Medio Oriente, in questo caso il Libano. “Chaque jour est une fête” ha il ritmo dei film iraniani più celebri, gli stessi paesaggi, ma manca clamorosamente sul piano della poesia (e si potrebbe soprassedere) e in quello del senso della storia, ritenendo sufficienti tre donne che vagano in un deserto quale unico spunto narrativo. La bella e brava Hiam Abbas e le due co-protagoniste, brave anche loro, non bastano per essere indulgenti nei confronti di un film non scritto, mal girato e più irritante che noioso, nelle sue poche scene di lunghezza spropositata, alla ricerca, col tempo dilatato, di un senso che non sono i critici a doversi inventare. |
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