Probabilmente qualcuno parlerà di realismo a proposito di “Settimo cielo”, riuscendo perfino ad esaltarlo: ma non basta rinunciare alla colonna sonora e mostrare i dettagli di una storia per parlare di realismo.
Andreas Dresen ha il merito di regalarci scene di sesso inedite e di presentare una protagonista alla quale non siamo abituati, né giovane né particolarmente intelligente, ben interpretata da Ursula Werner. Ma attorno all’idea di mostrare come l’amore non dipenda dall’età non viene costruito altro: la storia è ridotta all’osso, Inge si innamora di Karl (questo è il primo tempo), lo dice a Werner, col quale vive da trent’anni, e si separano (e questo è il secondo tempo). Se il primo si regge sulle sole scene di sesso (come molti film inutili che riempiono le sale, verrebbe voglia di uscire a metà film), il secondo ci mostra almeno quel po’ di movimento che delinea non tanto le azioni dei protagonisti (non i due amanti, a dispetto della storia, ma la coppia che si scioglie), quanto i ben diversi modi di amare propri di ognuno. Si può discutere dell’impulsività o dell’egoismo di Inge, del comportamento – anche quello archetipico – di Werner, nulla più; un film pretenzioso nel suo affidarsi esclusivamente ad una storia debole porta al massimo a qualche discussione, mentre la più interessante dovrebbe essere sul perché limitarsi allo spunto di partenza, all’idea di mostrare l’amore “diversamente giovane”, senza costruirgli niente attorno. Deludente. |