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Recensione: Confidenze troppo intime

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Confidenze troppo intime
titolo originale Confidences trop intimes
nazione Francia
anno 2004
regia Patrice Leconte
genere Drammatico
durata 104 min.
distribuzione Lucky Red Distribuzione
cast S. Bonnaire (Anna) • F. Luchini (William) • M. Duchaussoy (Dottor Monnier) • A. Brochet (Jeanne)
sceneggiatura J. Tonnerre
musiche P. Esteve
fotografia E. Serra
montaggio J. Hache
media voti redazione
Confidenze troppo intime Trama del film
Anna sbaglia porta e si ritrova a confidare le debolezze del suo matrimonio ad un consulente fiscale, William Faber. William ascolta con interesse i problemi della donna, è incuriosito e allo stesso tempo non ha il coraggio di dirle che lui non è uno psicologo. Le 'sedute' diventano una sorta di rituale e William è sempre più interessato ai racconti di Anna, racconti che a nessun altro uomo è permesso di conoscere. Incontro dopo incontro, i due cominciano a riconsiderare tutto, le loro vite, i loro rapporti sentimentali.
Recensione “Confidenze troppo intime”
a cura di Andrea Olivieri  (voto: 6)
"Se non c’è più passione, cosa resta?"

'Confidenze' che rischiano di cadere nel vuoto; di quelle, per intenderci, che puntano tutte le carte su una situazione intrigante: "Confidenze troppo intime" si apre come una qualsiasi commedia degli equivoci (una donna irrompe nello studio di un grigio commercialista, confondendolo con il vicino psicoanalista), per trasformarsi, strada facendo, in una pellicola che coniuga ironia e presa di coscienza, leggerezza e profondità.
Con Leconte il cinema sbaglia porta ed entra, cosicché lo spettatore s’insinua come mediatore (invisibile) tra giochi di sguardi e complicità inespresse; il suo quiproquo, più che divertirsi si organizza sul piacere di un gioco di seduzione platonica che riesce a levitare grazie alla presenza dei grandi attori che compongono il cast. Inversione di ruoli, doppie solitudini, voyeurismo: cosi quel transfer iniziale che in un film qualunque si sarebbe esaurito in una trovata della sceneggiatura, qui si sviluppa con notevole (anche se talora fin troppo sottolineata) eleganza e introspezione.
In concorso al Festival di Berlino 2004.
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