Seconda parte dell’opera di Jean-François Richet su Jacques Mesrine, gangster attivo tra Francia e Canada dai primi anni ’60 fino alla fine dei ’70. La storia riprende dal punto in cui la prima parte l’aveva lasciata, con Mesrine dichiarato “nemico pubblico numero uno”; gli anni ’70 sono per lui un decennio all’insegna degli eccessi, altre due evasioni dal carcere, rapine incredibili (due banche vicine, per non perdere tempo a ritornarci), interviste rilasciate mentre la polizia lo bracca, autobiografie, una nuova storia d’amore nata anche questa quasi per caso e diventata punto fermo nella sua vita, capace di condizionarne le scelte attraverso i continui cambi d’umore. E un nuovo partner, compagno d’evasione e di scorribande finché Jacques non si spinge troppo in là nella suo corsa dritto verso la morte.
“L’ora della fuga” è un titolo che riassume solo una parte del film (infatti non è il titolo originale), quella che riguarda il rapporto di Jacques, più spaccone che mai, con il carcere: non è un semplice desiderio di libertà, quanto una vera e propria sfida al sistema, con tanto di dichiarazioni pubbliche riguardo le future evasioni. Ciò da cui Jacques sceglie di non fuggire è invece il proprio destino, che lui stesso sa facilmente prevedere; la resa dei conti con il commissario Broussard arriva, paradossalmente, proprio il giorno in cui si decide a fare le valige e a caricarle, con Sylvie e il cane, sulla macchina.
Nata per forza di cose come una seconda parte, nonostante sia stata girata prima de “L’istinto di morte”, questa pellicola ha la completezza di un film tout court, distaccandosi notevolmente dal primo capitolo. Oltre alle new entry (Ludivine Sagnier invece di Cécile De France, Mathieu Amalric invece di Roy Dupuis, Olivier Gourmet), per un cast rivoluzionato (lo stesso Vincent Cassel ha qui venti chili in più), “L’ora della fuga” ha un ritmo completamente diverso. Potendo fare a meno di introdurre il protagonista, l’azione entra immediatamente nel vivo e vi rimane fin quasi alla fine, quando la meticolosa sequenza finale chiude, a specchio con quella iniziale del primo episodio, l’intera opera. Per gli amanti del genere si consiglia la doppia visione, senza pericolo di annoiarsi; per tutti gli altri si raccomandano ugualmente quelli che sono due film ben fatti, che raccontano la storia di quello che, a seconda dei punti di vista, è un fuorilegge, un rivoluzionario, un uomo senza equilibrio, il gangster che ha tenuto in scacco due Paesi per vent’anni. |
