Volfango De Biasi porta sullo schermo una libera variazione della tragedia shakespeariana dell'Otello incentrando però la narrazione sul personaggio secondario del perfido Iago. Si potrebbe quasi parafrasare la società moderna che ha eletto a proprie virtù le immoralità di un tempo. Poi, in un ulteriore rovesciamento della prospettiva, lo Iago di De Biasi ha nuove e opposte connotazioni. Idealista e sognatore, cerca di costruire il suo futuro dal nulla scontrandosi però con una realtà dove i giochi vengono decisi dietro i dorati portoni delle ville del potere a cui non ha accesso per estrazione. Subentra quindi l'autoconservazione che, unita ad un po' di rabbia repressa, utilizza il sottile ingegno della mente a discapito degli altri per rivalersi di ciò che gli spetta di diritto. Ritornando ai valori dei giorni nostri, ecco che arrivismo, servilismo e idolatria dell'oro sono dappetutto.
Lo scenario perfetto per ogni richiamo elisabettiano sono le calli fuori dal tempo della stupenda Venezia che rimandano naturalmente all'Otello, un po' meno le aule della Facoltà di Architettura.
Il film parte con macchinosità per poi risollevarsi, sarà per i tentativi di emulare altre moderne trasposizione come “Romeo + Giulietta” che non si concretizzano, sarà per gli interpreti come Vaporidis che inizia a convincere man mano che la pellicola va avanti o un Otello che doppiato perde di credibilità. Nel complesso comunque alcune buone riproduzioni delle migliori dinamiche degli intrecci classici come scambi di persona, fraintendimenti e messe in scena grazie agli amici del protagonista che meritano una menzione.
Un dubbio sul finale, slegato dal resto e debole. |