Apparentemente nella pellicola di Iosseliani non succede mai nulla, o almeno nulla che sia degno di una considerazione particolare.
Apparentemente. In realtà nel suo cinema fa la sua comparsa tutto quello che solitamente è relegato ai margini, che non rientra nelle generalizzazioni operate dalla coscienza: microavvenimenti.
È la vita che parla col suo linguaggio denso e fluttuante, quel sottobosco dell’esistenza semi invisibile eppure continuamente operante all’ombra dei grandi eventi e spesso futili che più s’impongono all’attenzione; microavvenimenti, che, grazie alla capacità di osservazione minuziosa del regista, acquistano grande portata e fanno breccia finalmente nel mondo interiore dello spettatore, risvegliandone, nel caso, la coscienza atrofizzata.
Iosseliani ricama con delicatezza sequenze che si aprono sul mondo, successioni di inquadrature nel cui spazio visivo così generosamente tenuto aperto si susseguono piccoli grandi personaggi che portano il loro carico di esistenza con dignità, seguiti e abbandonati per poi essere magari ancora ripresi in un incontro successivo.
L’artista georgiano gioca con il sistema armonioso delle apparenze del mondo per metterne in luce alla lunga, in una sorta di processo di logoramento per svolgimento e sviluppo, la drammaticità ordinaria che vi si cela dietro.
Questa è una vera drammaturgia filmica, costruita in sintonia con la natura del mezzo e della materia di cui dispone.
In "Lunedì mattina" l’individuo, che a forza di comparire di più finisce con essere il protagonista, rompe il tempo ciclico della produzione con una partenza.
Ma nulla cambierà, perchè quel ciclo monotono e mortifero è senza uscita.
Nel mezzo abbiamo annotazioni umoristiche, bizzarre, strambe, tenere o amare, ma tutte scaturite come per generazione spontanea dal tessuto profondo dell’essere, intessuto con l’osservazione di uno spirito leggero e acuto.
Orso d'argento per la Miglior Regia al Festiva di Berlino 2002. |