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Da sempre il cinema argentino ha espresso la sua originalità rispetto alle altre cinematografie sudamericane o europee. Nell’ultimo decennio, in particolare, si è imposto all’attenzione internazionale come uno dei laboratori più ricchi e articolati sulla produzione audiovisiva, con una serie di autori come: Lisandro Alonso, Daniel Burman, Israel Adrián Caetano, Lucrecia Martel, Martín Rejtman, Bruno Stagnaro e Pablo Trapero. Senza dimenticare la storia passata, una nuova legislazione e un radicale cambio generazionale hanno contribuito a rifondare ex novo un panorama produttivo e realizzativo, ossessionato, in una sperimentazione a tutto campo, dalla necessità di trovare uno sguardo “altro” su una realtà politico-sociale mutevole e cangiante, solcata da momenti di grave crisi e di ripresa.
Recentemente, un’inchiesta realizzata tra cento personalità del cinema argentino (registi, attori, sceneggiatori, produttori e critici) ha indicato Leonardo Favio come il miglior regista della storia del Paese. Conosciuto nel continente latinoamericano anche per la sua attività di cantante melodico, Favio è diventato per molti giovani un esempio di coerenza, di coraggio nell’osare e nell’ibridare forme e linguaggi. Esiste un filo rosso che lega il regista di Crónica de un niño solo alla nuova generazione cinematografica argentina. Ed è questa la linea che si è voluto ripercorrere in questo volume (il primo in Italia sull’argomento), tracciando le coordinate di un cinema che ancora può e vuole essere, con orgoglio e coerenza, moralmente ed economicamente indipendente. |
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