Con “L’ora di punta”, sono finito i film italiani in concorso. In attesa che finisca la Mostra, viene spontaneo tirare le somme della partecipazione italiana più massiccia degli ultimi anni al festival italiano per eccellenza: è stata una delusione, c’è poco da nascondere. Decisamente buono “Il dolce e l’amaro”, film valido sia tecnicamente che nella comunicazione emotiva, non si può dire lo stesso del film di Paolo Franchi – nel quale si distingue un ottimo Elio Germano – e di questo di Vincenzo Marra, tre anni addietro premiato nella sezione ‘Orizzonti’ con “Vento di terra”.
Un film sull’ambizione, coraggioso nel mostrare senza pudori, ma per questo fin troppo freddo, al pathos si sostituisce il compiacimento. Paradossale la situazione esterna, che rispecchia quella del film, con Fanny Ardant (brava ma nemmeno lei riesce ad emozionare) che si lascia andare a dichiarazioni scomode con conseguenti polemiche sulla libertà d’espressione che si vorrebbe meno libera, siamo tutti bravi finché diciamo quel che vuole la morale comune, ma guai ad andare fuori dal coro – e non si dica che è così ovunque.
Migliore, pur senza capolavori, la selezione dei film stranieri, con particolare riguardo a quelli inglesi e soprattutto americani (è bene ripeterlo, vista la rarità della cosa): dopo l’ottimo “I’m not there” presentato mercoledì, è stata la volta di “Nightwatching” di Peter Greenaway, un thriller non banale che ruota attorno al quadro ‘Ronda di notte’ di Rembrandt.
Quella odierna è stata però una giornata importante soprattutto per la sezione ‘Venezia maestri’: il portoghese Manoel De Oliveira, novantanove anni a dicembre, ha presentato “Cristoforo Colombo – L’enigma”, nel quale si cimenta anche nella parte del navigatore italo-lusitano in tarda età. Bel film, nel quale emerge lo stile inconfondibile del maestro, sempre elegante, meno malinconico del solito ma sempre capace ti toccare nello spettatore le corde più profonde. Non è stato da meno Im Kwon-taek con “Beyond the years”, una delle migliori opere griffate Asia tra tutte quelle presenti al Lido, concorso incluso; fa piacere vedere Amos Gitai con “Disengagement”, e soprattutto fa piacere vedere Juliette Binoche e Jeanne Moreau, sue splendide interpreti; bene anche Pere Portabella con “Il silenzio prima di Bach”, a ribadire che la forza dell’edizione numero 64 della Mostra non è nella selezione ufficiale.
Intanto, sono iniziate le prime premiazioni (aperte ufficialmente dalla consegna del Leone d’oro alla carriera a Tim Burton mercoledì): Aleksandr Sokurov, discusso a Cannes per la sua assenza dopo le polemiche per il film su Livtinenko, ha ricevuto il ‘Premio Bresson’ per la “testimonianza significativa del difficile cammino alla ricerca del significato spirituale della nostra vita”. Fioccano i premi collaterali anche per i film in concorso: “Nightwatching”, appena presentato, vince il ‘Premio Fondazione Mimmo Rotella’ per il nesso con le arti figurative (vittoria facile, visto il tema e soprattutto il rapporto di Greenaway con la pittura); a “Redacted” di Brian De Palma la ‘Segnalazione Cinema for Unicef’, il film “che meglio trasmette i valori e gli ideali dell'Unicef dando voce e volto ai diritti dell'infanzia”.
A Bernandro Bertolucci, per il quale è in programma un omaggio proprio nel weekend conclusivo della Mostra, verrà assegnato il ‘Leone d’oro speciale del 75° anniversario’. I suoi film, insieme agli ultimi due film in concorso (“12” di Nikita Mikhalkov e “Heya fawda” di Youssef Chahine) ci attendono nell’ultima giornata festivaliera prima del gran finale di sabato. |
